Cartelloni fuori dall’Ospedale di Perugia per la veglia dei 40 giorni per la vita
di Stefania Supino
Da oltre 40 anni dall’introduzione della legge numero 194 – che riconosce legalmente l’interruzione di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione presso strutture pubbliche e private – si continua a dibattere sul diritto all’aborto. Molteplici sono i movimenti anti-abortisti presenti sul territorio nazionale, tra questi i principali sono Movimento per la vita e Pro vita & famiglia. In Italia, talvolta, sostegno lo trovano anche iniziative nate in altri continenti, come nel caso di 40 giorni per la vita. Il capoluogo umbro sembra essere un terreno fertile per la proliferazione di tale campagna e in Italia – come si apprende dal sito ufficiale – è, insieme a Modena, la città di riferimento per la veglia dei 40 giorni, che si tiene solitamente prima di Pasqua.
Perugia Quindi anche a Perugia, dopo Modena e Sanremo, è sbarcata ufficialmente la campagna internazionale di 40 giorni per la vita. L’iniziativa prevede una durata di 40 giorni e mira a porre fine all’aborto attraverso la preghiera e il digiuno. Nella giornata di mercoledì 9 aprile, in molti hanno notato dei cartelli con scritto «Non siete soli, noi preghiamo per voi» oppure «i bambini salveranno il mondo» all’esterno dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Insieme ai cartelli anche alcune attiviste che distribuivano dei depliant. L’iniziativa, da quanto sostenuto dalla portavoce di 40 giorni per la vita – Perugia, durerà fino a domenica 13 aprile.
Pro o anti choice? 40 giorni per la vita è una campagna anti-abortista coordinata a livello internazionale, che mira a porre fine all’aborto attraverso la preghiera e il digiuno, la sensibilizzazione delle comunità e una veglia pacifica davanti agli ospedali o i Cav che praticano interruzioni di gravidanza. Nasce nel 2004 negli Stati Uniti e si diffonde a macchia d’olio in oltre 60 paesi del mondo. Da molti vengono etichettati come movimenti anti-choice ma loro preferiscono definirsi difensori della vita: «Dalla prima campagna coordinata dei 40 giorni per la vita, svoltasi nel 2007, abbiamo raggiunto oltre 1000 città in 65 Paesi. Abbiamo visto 25.386 bambini salvati dall’aborto, 268 operatori abortisti che hanno lasciato il loro lavoro e 162 centri abortivi chiusi» scrivono sul portale ufficiale.
Italia La prima città italiana ad aderire alla campagna internazionale è stata Modena nel 2023. Le veglie si sono tenute nei pressi del Policlinico di Modena, suscitando dibattiti e reazioni sia a favore che contrarie. Nel 2024 si è aggiunta Sanremo, presso la diocesi di Ventimiglia – Sanremo e quest’anno anche Perugia. Sono nate alcune polemiche a riguardo, prima tra tutte, quella di Sinistra italiana Perugia che, attraverso la sua pagina Facebook, ha scritto: «L’ospedale di Santa Maria della Misericordia è stato teatro di un episodio che reputiamo molto grave, ennesima violenza contro le donne travestita da propaganda per la vita, da parte di associazioni cosiddette ‘pro-vita’ che hanno propagandato le loro posizioni contro un diritto sancito da una legge dello Stato».
Aborto medico Anche Marina Toschi, ginecologa in pensione e ora libera professionista, a Umbria24 ha raccontato con indignazione il presidio a cui ha assistito fuori dall’Ospedale di Perugia. «Movimenti così sono contro lo stato di diritto, perciò pericolosi e andrebbero eliminati» afferma la dottoressa. Aggiunge poi, in merito all’attuale condizione in cui si trova l’Umbria, e specialmente Perugia, riguardo gli aborti medici, che la situazione è critica rispetto ad altre zone d’Italia. «All’ospedale di Perugia non vengono seguite le linee di indirizzo in modo corretto. I medici danno informazioni errate e talvolta sono giudicanti verso le donne – racconta Toschi- l’Umbria è indietro su questo aspetto ed è una delle poche regioni italiane a non aver messo a disposizione il Lea, ovvero i livelli elementari di assistenza per la gravidanza». In merito ai Cav, la ginecologa aggiunge: «Nei consultori si fa poco, specialmente perché non c’è personale oppure quello che c’è è obiettore di coscienza. Il consultorio dovrebbe occuparsi di più cose, non solo della maternità».
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