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Cardinale Parolin: «Prima condizione per la pace è mettere fine all’aggressione»


Dopo le parole di papa Francesco sull’Ucraina e il coraggio della «bandiera bianca» che hanno provocato polemiche e reazioni delle cancellerie in mezzo mondo, interviene il segretario di Stato vaticano il cardinale Pietro Parolin: «L’appello del Pontefice è che “si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”. In tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo ad una delle parti, bensì a entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione».

Parolin interviene così con una intervista al Corriere della Sera, dopo che nella serata di lunedì 11 marzo Kiev ha annunciato di aver convocato il nunzio per chiarimenti mentre anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ricevuto da Francesco una decina di giorni fa, ha detto di non condividere l’appello di Bergoglio a quella che è apparsa agli osseravtori internazionali quasi una chiamata alla resa nei confronti di Mosca.

«Non bisogna mai dimenticare il contesto», precisa invece Parolin, «e, in questo caso, la domanda che è stata rivolta al Papa, il quale, in risposta, ha parlato del negoziato e, in particolare, del coraggio del negoziato, che non è mai una resa. La Santa Sede persegue questa linea e continua a chiedere il “cessate il fuoco”, e a cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori, e quindi l’apertura di trattative. Il Papa spiega che negoziare non è debolezza, ma è forza. Non è resa, ma è coraggio. E ci dice che dobbiamo avere una maggiore considerazione per la vita umana, per le centinaia di migliaia di vite umane che sono state sacrificate in questa guerra nel cuore dell’Europa. Sono parole che valgono per l’Ucraina come per la Terra Santa e per gli altri conflitti che insanguinano il mondo».

Alla domanda se ci sia ancora la possibilità di arrivare a una soluzione diplomatica, Parolin, che è anche a tutti gli effetti il capo missione dell’iniziativa umanitaria intrapresa dal cardinale e presidente della Cei, Matteo Zuppi, risponde: «Trattandosi di decisioni che dipendono dalla volontà umana, rimane sempre la possibilità di arrivare a una soluzione diplomatica. La guerra scatenata contro l’Ucraina non è l’effetto di una calamità naturale incontrollabile ma della sola libertà umana, e la stessa volontà umana che ha causato questa tragedia ha anche la possibilità e la responsabilità di intraprendere passi per mettervi fine».


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