Umbria

Carceri, in Umbria nuova strategia per il reinserimento sociale e lavorativo


«Una strategia che vuole costruire percorsi di reinserimento attraverso formazione, tirocini, laboratori professionali, residenzialità temporanea e servizi territoriali». Con queste parole l’assessore al Welfare della Regione, Fabio Barcaioli, ha presentato martedì alle direzioni degli istituti penitenziari il piano 2026-2029 dedicato all’inclusione sociale e lavorativa delle persone in esecuzione penale. La presentazione arriva in un momento di passaggio per il sistema regionale, con l’arrivo del nuovo direttore del carcere di Terni e l’imminente insediamento del provveditore dell’Amministrazione penitenziaria Umbria-Marche, Liberato Guerriero.

Le azioni Il piano, elaborato con gli uffici tecnici regionali, riunisce in un quadro unitario una serie di programmi che coinvolgono istituti penitenziari, Ufficio per le esecuzioni penali, comunità per i minori, enti locali e terzo settore. La programmazione copre quattro anni e punta a superare interventi frammentati per costruire un percorso stabile e condiviso. La prima misura è l’avviso “Giois”, dedicato alla formazione professionale nei quattro istituti umbri e rivolto a quattrocento persone. Seguono i programmi “Ama De” e “Ama Es”, avviati con il ministero della Giustizia, che porteranno alla riqualificazione dei laboratori della Casa circondariale di Terni e del Centro regionale di giustizia di comunità. A queste iniziative si aggiungono i tirocini finanziati dai fondi UE per chi è in esecuzione penale esterna e il progetto “Re.In.S”, che unisce orientamento, formazione, soluzioni abitative temporanee e sportelli unici di accesso sul territorio.

Collaborazione Barcaioli ha spiegato che l’obiettivo è avviare «una nuova fase di collaborazione e partecipazione» con direzioni, cooperative e associazioni, ricordando le difficoltà legate al sovraffollamento e ad altre criticità. «L’Umbria – ha aggiunto – deve continuare a essere un territorio capace di ascoltare e di costruire risposte» e ha annunciato ulteriori incontri con tutte le realtà coinvolte. «Si tratta di mettere le persone nelle condizioni di imparare un mestiere – ha concluso – trovare un ambiente sicuro e avvicinarsi a un lavoro stabile».

Capanne Nella stessa giornata, il carcere di Perugia ha ospitato un momento dedicato alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La cerimonia, promossa dall’Associazione Nel nome del rispetto insieme al Centro antiviolenza di Perugia, ha riunito detenute e detenuti in una commemorazione delle vittime. L’incontro si è aperto con un minuto di silenzio per le donne uccise in Umbria nell’ultimo anno, seguito dalla lettura di poesie, testi e monologhi mentre sullo schermo scorrevano i volti delle donne scomparse. L’atmosfera si è fatta ancora più partecipata con l’interpretazione del brano “Quello che le donne non dicono”.

Un momento dell’incontro organizzato a Capanne

Voce e dignità A condurre l’iniziativa è stata l’ambasciatrice dell’associazione, Francesca Gosti, poetessa e curatrice dei laboratori di scrittura creativa attivi nelle carceri di Perugia e Spoleto. La presidente Maria Cristina Zenobi ha ricordato il valore di un percorso che «dà voce e dignità a donne e uomini che, anche dietro le sbarre, scelgono di impegnarsi in un cammino di rieducazione che parte dal rispetto di sé e dell’altro».

Ferdinandi La direttrice dell’istituto, Antonella Grelli, ha ribadito che «il carcere sia parte della società» e ha richiamato l’importanza delle attività rese possibili anche dal recente recupero della sala polivalente. La sindaca di Perugia e delegata nazionale Anci alle Pari opportunità, Vittoria Ferdinandi, ha ricordato che «qui, più che altrove, la violenza non è teoria: è carne viva» e ha invitato detenute e detenuti a non identificarsi con le ferite subite o inflitte, spiegando che «le catene della violenza si possono spezzare» e che è possibile «scrivere una storia diversa».

Scrittura La mattinata si è chiusa con le performance dei laboratori di scrittura. Le detenute hanno portato in scena il monologo «Io non sono solo un nome», mentre sei detenuti hanno recitato «Mi sono perso e ti ho perso», una riflessione sul possesso, sugli errori commessi e sulla consapevolezza che il rispetto della libertà dell’altro è la prima barriera contro la violenza.

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.



Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »