Società

“Carcere, manicomio, inferno”, la ricerca shock rivela come gli studenti percepiscono davvero la scuola superiore

Una nuova indagine condotta dall’università Guglielmo Marconi getta luce su una realtà scolastica percepita dai giovani come oppressiva e priva di prospettive. La ricerca, firmata dalla sociologa Rita Fornari e pubblicata sulla rivista “Scuola Democratica” con il titolo “Dare voce agli studenti: metafore sull’esperienza scolastica”, ha coinvolto 150 studenti del terzo e quarto anno provenienti da diversi istituti della Città metropolitana di Roma: liceo classico, scientifico, artistico, linguistico e istituto tecnico.

Come segnala La Repubblica, in un articolo a cura di Claudia Arletti, l’indagine qualitativa, nata all’interno del progetto di orientamento “Cosa farò da grande?”, ha utilizzato un approccio metodologico basato sulle metafore per far emergere la percezione autentica dell’esperienza scolastica. Fornari ha inserito nel questionario preliminare una domanda specifica: “Se dovessi descrivere la scuola come una metafora, quale immagine useresti?”. Le risposte hanno rivelato un panorama desolante che ha sorpreso gli stessi studenti quando si sono trovati di fronte ai risultati collettivi.

Gabbie, manicomi e l’ossessione per i bagni: il mondo scolastico secondo i ragazzi

Le metafore più ricorrenti rimandano a dimensioni oppressive: gabbia, manicomio, purgatorio, inferno. Alcuni studenti hanno evocato immagini cinematografiche come “Matrix” o artistiche come “l’Urlo di Munch”. Altri hanno descritto la scuola come montagne russe o un mare che passa dalla tranquillità alla burrasca, simboleggiando l’alternarsi di emozioni contrastanti.

Particolarmente significativo è emerso il tema della “fenomenologia della finestra“: grate e aperture posizionate troppo in alto impediscono di guardare verso l’esterno, riflettendo una chiusura simbolica sul futuro. L’ossessione per i bagni si è rivelata un elemento cruciale: la necessità di chiedere il permesso per accedervi crea, secondo gli studenti, “un’enorme barriera tra l’alunno e il professore”, trasformando un bisogno fisiologico in una questione di potere.

Le rare metafore positive – casa, accademia greca, farfalla libera – vengono evocate solo per descrivere la scuola “come dovrebbe essere”, sottolineando il divario tra realtà e aspirazioni.


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