Calibro 35 – Exploration | Indie For Bunnies
Ci sono dischi che suonano come fotografie ingiallite ritrovate in una soffitta polverosa. Altri, invece, come “Exploration”, sembrano pellicole mai girate, bobine di celluloide sognata e poi perduta, che qualcuno ha, finalmente, deciso di montare e di suonare. I Calibro 35 spingono, ancora una volta, le loro sonorità cinematiche, jazzistiche e funk-rock in una dimensione emotiva e sensoriale che è, insieme, intima e collettiva, un’istantanea di un futuro immaginato attraverso gli specchi infranti del passato.

Questo nuovo lavoro è più di un semplice album, si tratta di un varco temporale che consente di attraversare epoche storiche diverse, di fare tesoro ed esperienza di quella fascinazione analogica e vintage per le colonne sonore dei polizieschi, dei thriller e degli spaghetti-western italiani degli anni ’60 e ’70 — quel cinema di genere sospeso tra pulp e poesia, nonché tra ironia e disperazione urbana. Registi come Fernando Di Leo, Enzo G. Castellari e Sergio Martino hanno raccontato un’Italia crepuscolare, violenta e malinconica, dove, come diceva Umberto Lenzi, “la verità non è mai quella che sembra“. È da quelle atmosfere e da quel linguaggio visivo e sonoro che i Calibro 35 continuano a prendere ispirazione, trasfigurandolo in qualcosa di vivo, di dinamico ed in grado di parlare al nostro presente iper-connesso, ostile, bellicoso e spaesato.
Il gruppo milanese sembra muoversi su una personale macchina del tempo, salendo e scendendo, a proprio piacimento, tra le diverse narrazioni temporali. “Exploration” è, infatti, un album stratificato, eterogeneo e composito, dove le linee di basso, sinuose ed ossessive, si intrecciano a riff di chitarra taglienti e a tessiture di fiati che evocano inseguimenti notturni e solitudini metropolitane. Ma c’è anche una componente più eterea e più visionaria, fatta di suoni sintetici e di ambientazioni futuribili, come se, dietro ogni groove, ci fosse il riflesso di un mondo che potrebbe essere, ma non è ancora stato. In questo scenario musicale, la scelta di chiudere il disco con “Lunedì Cinema” di Lucio Dalla — riletta in chiave bossa, con la voce magnetica di Marco Castello — assume un significato che va oltre l’omaggio. È il gesto romantico di chi riconosce il valore della memoria come strumento di riscrittura del nostro presente.
Lucio Dalla, poeta urbano e anarchico della canzone italiana, aveva intuito che dietro le facciate luminose delle nostre città si nascondono, sempre, storie minori e fantasmi senza volto. I Calibro 35, nel riprendere quella melodia malinconica, la trasportano in un’altra epoca ancora, in un cinema immaginario dove il lunedì è il giorno dei sogni sospesi, delle vite parallele e dei finali aperti.
Così, “Exploration” va oltre i confini fisici del disco e diventa un luogo della mente; si trasforma in un viaggio, soprattutto per coloro che hanno amato le strade deserte dei polizieschi italiani, le colonne sonore psichedeliche e il jazz-funk contaminato di band come i Goblin, ma anche per coloro che cercano, oggi, di decifrare il proprio smarrimento in un mondo dove tutto è simultaneo, digitale, istantaneo, apparente. Come scriveva Lucio Fulci — altro maestro dei nostri b-movie — “la paura è come la musica: se non la senti, vuol dire che è già dentro di te“. Ecco, allora, cos’è la musica dei Calibro 35, è quel sottofondo persistente ed affascinante che, senza accorgertene, ti si annida nell’anima.
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