Calabria, benessere “condizionato”: servizi essenziali in ritardo e la speranza di vita alla nascita (82 anni) non ha ancora recuperato i livelli pre-Covid
Il livello di benessere relativo in Calabria è un percorso ad ostacoli che allontana ogni giorno i più deboli dalle sorgenti della vita. L’Istat, nel suo recente rapporto Bes, riassume smorfie che affondano nell’incertezza dei numeri. Screpolature che si aprono nel tessuto sociale ed economico di questa terra che soffre di un male incurabile che è lo spopolamento. Una Calabria che resta nelle retrovie nazionali per indice di benessere con un valore che si mantiene sotto la soglia nazionale e che risulta inferiore anche alla media del Mezzogiorno. Una terra che soffre, s’impoverisce di persone e di speranze, una terra che appare sempre più diversa e lontana dal resto dell’Italia. In Calabria c’è un’Italia che si muove più lentamente su treni che si fermano spesso in galleria (il caso della “Santomarco”, tra Paola e Cosenza, è una vergogna nazionale), che non rispettano le coincidenze, che non si fermano in tutte le stazioni. Per non parlare delle strade. L’A2 è stata ammodernata. Hanno cambiato il nome ma resta ammaccata con cantieri che germogliano all’improvviso e incidenti che possono spaccare il paese in due. E, poi, c’è una nuova Statale 106 che sta nascendo senza fretta. Il lotto tra Roseto e Sibari presto sarà completo, ma dopo Sibari, per adesso, resta la campagna.
C’è anche un diritto alle cure che resta sospeso da oltre trent’anni. Dopo il Covid è diventato impossibile ricevere assistenza in una struttura pubblica in tempi accettabili. E così la gente continua a partire e Agenas ha appena certificato nel 2023 il saldo più alto degli ultimi sei anni pagato dalla Calabria per ricoveri in strutture extraregionali.
Nel dominio Salute, l’Istat descrive un profilo della regione in sofferenza in almeno quattro dei sei indicatori, rispetto alla media nazionale. Valori negativi che si ritrovano quasi sempre anche nel resto del Mezzogiorno. La Calabria risulta meno penalizzata solo nell’indice della mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso (65 anni e più) e molto lievemente anche per la mortalità per incidenti stradali dei giovani. Per tutti gli indicatori del dominio persistono divari. Ma c’è un dato, in particolare, che è l’indicatore del benessere di un popolo e riguarda la speranza di vita. Un indice che, nel 2023, in Calabria segna il valore netto di 82 anni. E l’Istituto di statistica nazionale avverte: la regione non ha ancora recuperato la perdita degli anni di vita attesa dovuta alla pandemia (82,4 anni nel 2019). Un valore che si mantiene pressoché in linea col dato del Mezzogiorno, ma resta inferiore di 1,1 anni a quello nazionale (83,1 anni). Già nel 2019 la regione, così come il Mezzogiorno, era svantaggiata rispetto all’Italia e il divario si è leggermente ampliato perché il recupero in Calabria è stato più lento di quello del Paese nel suo complesso.
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