Cacciari: “I docenti siano pagati adeguatamente e non sottomessi ad ogni costrizione tecnico-burocratica da ministeri, presidi, famiglie”
“Parlare soltanto di educazione e formazione può dar adito ad equivoci”, spiega il pensatore veneziano a La Repubblica, denunciando il rischio di ridurre l’istruzione alla mera formazione professionale.
Cacciari propone una visione radicalmente alternativa del sistema scolastico: “L’opposto di quella attuale”. La sua idea di scuola ideale prevede docenti educati al senso autentico del fare scuola, riconosciuti come “agenti di liberazione e non di fabbricanti di occupati”. Gli insegnanti dovrebbero essere “remunerati adeguatamente e non sottomessi ad ogni costrizione tecnico burocratica da ministeri, presidi, famiglie”, godendo di libertà nell’instaurare un dialogo libero con gli studenti.
La proposta di Cacciari si basa su un paradosso apparente: una scuola che “torni a divertire“ attraverso la serietà e il rigore. “Tutto ciò che ho veramente imparato in vita mia, l’ho fatto divertendomi”, racconta il filosofo, citando la propria esperienza al liceo classico come “gli anni più belli della mia vita”.
La metamorfosi dell’insegnamento: quando la burocrazia scolastica trasforma i maestri in impiegati
La burocratizzazione della scuola rappresenta uno dei fenomeni più pervasivi e devastanti per la qualità dell’insegnamento. Quella che dovrebbe essere un’istituzione dedicata alla formazione delle menti si è trasformata in un apparato amministrativo dove gli aspetti procedurali prevalgono sui contenuti educativi. Docenti e dirigenti si trovano quotidianamente alle prese con vincoli normativi che ostacolano l’innovazione didattica, costringendoli a dedicare energie preziose alla compilazione di moduli, relazioni e documenti invece che al rapporto diretto con gli studenti.
La testimonianza di chi vive dall’interno questa realtà descrive un sistema soffocante, dove l’amministrazione uccide l’insegnamento attraverso una ragnatela di procedure che allontanano progressivamente il docente dalla sua vocazione primaria. Le riforme successive hanno stratificato livelli di controllo e rendicontazione che trasformano la scuola in un ufficio pubblico come tanti altri, perdendo di vista la specificità dell’atto educativo che richiede flessibilità, creatività e libertà di movimento pedagogico.
La crisi dell’autorità docente
Parallelamente alla burocratizzazione, si assiste a una profonda crisi dell’autorità docente che segna il passaggio dell’insegnante da “agente di liberazione“ – come lo definisce Cacciari – a semplice impiegato del settore pubblico. Questa trasformazione non è solo simbolica ma tocca il cuore stesso della relazione educativa. Il maestro di un tempo, depositario di sapere e autorità morale riconosciuta dalla comunità, è stato progressivamente ridimensionato fino a diventare un esecutore di direttive ministeriali e protocolli standardizzati.
La perdita del dialogo educativo costituisce forse l’aspetto più drammatico di questa metamorfosi. Dove un tempo esisteva uno spazio di confronto intellettuale e crescita reciproca tra docente e studente, oggi prevale una relazione formalizzata e proceduralizzata. La libertà didattica, principio cardine dell’insegnamento autentico, viene erosa da programmazioni rigide, test standardizzati e valutazioni imposte dall’alto che non lasciano margini per l’adattamento alle specificità del gruppo classe e dei singoli alunni.
Le disuguaglianze territoriali e le periferie educative
Il tema della scuola e territorio rivela un ulteriore aspetto critico del sistema educativo italiano: le profonde disuguaglianze educative territoriali che penalizzano soprattutto le aree svantaggiate del Paese. Le periferie urbane e le zone economicamente depresse si trovano spesso a fare i conti con scuole sotto-finanziate, strutture inadeguate e un corpo docente precario e demotivato.
In tali contesti, la scuola dovrebbe rappresentare un ascensore sociale e un punto di riferimento culturale per la comunità, ma spesso si limita a riprodurre e amplificare le disparità esistenti. Il rapporto tra istruzione formale e informale diventa cruciale in questi territori, dove la scuola deve competere con modelli educativi alternativi non sempre positivi. La sfida consiste nel riuscire a mantenere alta la qualità dell’offerta formativa anche in condizioni di svantaggio strutturale, preservando quella funzione di “liberazione dell’anima” di cui parla Cacciari.
I tre aspetti – burocrazia, crisi dell’autorità docente e disuguaglianze territoriali – si intrecciano in un quadro complessivo che fotografa una scuola italiana in profonda difficoltà identitaria, lontana dall’ideale della paideia classica e sempre più subordinata a logiche estranee alla sua natura educativa originaria.
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