Economia

BYD da cinese ad europea, 250 milioni per la sede in Ungheria

In un’Europa che si interroga su come rispondere all’ascesa cinese nell’automotive elettrico, il nuovo leader globale del settore, BYD, rilancia la sua offensiva strategica proprio dal cuore del continente. Lo ha fatto per bocca del suo massimo dirigente, Wang Chuanfu, fondatore, presidente e ceo del colosso cinese, a Budapest giovedì sera accanto al premier ungherese Viktor Orbán.

L’annuncio è chiaro e ambizioso: BYD stabilirà in Ungheria, nella capitale, la propria sede europea (attualmente è ad Amsterdam) e un centro di ricerca e sviluppo. Non un impianto produttivo, dunque, ma il quartier generale operativo e strategico pensato per radicare il marchio nel Vecchio continente, con funzioni di vendita, assistenza, testing e sviluppo di modelli localizzati. La struttura prevede un investimento di 248 milioni di euro e impiegherà 2mila persone.

Da Szeged all’Europa

La notizia è arrivata a pochi mesi di distanza dall’avvio dei lavori per la gigafactory di Szeged (città a meno di 200 km a sud di Budapest) la prima fabbrica europea di automobili BYD, capacità massima 250mila vetture all’anno (a regime), destinata a impiegare fino a 10mila lavoratori, di cui un quinto ingegneri. Un impianto operativo entro il 2025, progettato non solo per produrre ma per plasmare veicoli pensati per le esigenze e le normative europee. Accanto a questa infrastruttura, già operativo dal 2016, a Komárom c’è lo stabilimento dedicato agli autobus elettrici. C’è poi l’impianto di assemblaggio batterie a Fót, nell’area metropolitana di Budapest, investimento di circa 27 milioni. A Páty, infine, a circa 20 km dalla capitale, si trova la sede di BYD Smart Device Hungary, la cui attività principale è la produzione di componenti elettronici e semiconduttori.

BYD trasforma, quindi, l’Ungheria di Orbán in una vera testa di ponte europea, rendendo la nazione danubiana non solo uno snodo produttivo, ma anche il centro decisionale e commerciale per l’area Emea, visto che nel primo trimestre del 2026 sarà operativo un altro impianto di pari capacità in Turchia, nei pressi di Smirne.

Il tempismo (non casuale)

La mossa arriva in un momento delicato. L’Unione Europea ha avviato a ottobre 2024 misure protezionistiche (la tariffa doganale che grava su BYD è pari al 27,4% complessivo) contro le importazioni di veicoli elettrici dalla Cina, accusati di beneficiare di sussidi statali alterando gli equilibri di una sana concorrenza. In questo contesto, radicarsi fisicamente nel continente – con personale locale, centri sviluppo e infrastrutture a valore aggiunto – è una risposta strategica. Un modo per dire: BYD è un produttore europeo a tutti gli effetti.


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