Bush – I Beat Loneliness
Stando al titolo del decimo album dei Bush, Gavin Rossdale pare aver finalmente sconfitto la solitudine. Bene, buon per lui. Peccato, però, che le armi con cui ha combattuto la noia si siano rivelate tutt’altro che affilate: “I Beat Loneliness”, pur contenendo qualche brano di buona fattura, scorre via senza lasciare il segno, privo di guizzi e mordente.

La formula è quella di sempre: un post-grunge corposo e aggressivo, levigato da una produzione rotonda e pulita che strizza l’occhio all’alternative metal (più o meno una novità rispetto al lontano passato) e si intreccia con inserti elettronici e influenze semi-industrial. Il tutto condito da abbondanti dosi di melodia, che esplodono in ritornelli costruiti ad arte per restare impressi nella testa dell’ascoltatore.
Presentato come un lavoro “emotivamente risonante” – introspettivo, intimo, connesso alle angosce personali di Rossdale e ai disagi condivisi da molti – “I Beat Loneliness” affronta temi intimi come la salute mentale, l’isolamento e la forza interiore attraverso dodici tracce che, nei momenti migliori, riescono a colpire nel segno (notevoli le ballad “We Are Of This Earth” e “Rebel With A Cause”), ma che, nei passaggi più rumorosi, si appiattiscono in un’inerzia sonora dove tutto suona troppo simile.
Manca inoltre la durezza che caratterizzava il precedente “The Art Of Survival” che, pur senza brillare, aveva saputo compensare alcune lacune con riff incisivi e una rabbia inedita per gli standard dei Bush. Qui, invece, la band preferisce smorzare un po’ il tiro, forse nel tentativo di rassicurare i nostalgici dei bei tempi andati.
Il risultato? Un disco altalenante, che non fallisce del tutto, ma neppure convince. La sufficienza è meritata, ma siamo lontani da qualunque reale ispirazione. I Bush sembrano più intenti a rincorrere la propria ombra che a reinventarsi.
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