Cultura

Burn It Up – Alle radici della dance Made in Britain

Immagino che nulla possa essere eccitante quanto far parte di una nascente scena musicale pronta a esplodere e a travolgere tutto il mondo. Pensate a quei giovani ragazzi britannici, magari rinchiusi nelle loro camerette e armati solo di synth e drum machine, che una quarantina di anni fa riuscirono a trasformare in realtà il sogno di invadere le discoteche con beat e melodie lavorati in casa con un tocco squisitamente artigianale.

Il nuovo box set della Cherry Red Records, “Burn It Up – The Rise Of British Dance Music 1986–1991″, ci offre un passaggio privilegiato verso quell’epoca d’oro della dance d’oltremanica; un momento storico in cui ogni confine appariva vasto come un territorio ancora tutto da esplorare. Sebbene oggi questi brani possano suonare obsoleti – tecnologicamente superati – conservano intatta la loro carica innovativa. È il frutto delle menti di veri e propri pionieri dell’elettronica a buon mercato; dei primi coraggiosi che sfruttarono al massimo il potenziale di quegli strumenti che, fino a poco tempo prima, erano appannaggio esclusivo di laboratori sperimentali o studi milionari.

Questa rivoluzione, tuttavia, non nasceva dal nulla, ma affondava le proprie radici in una tradizione tutta britannica di manipolazione sonora, risalente addirittura al BBC Radiophonic Workshop – come ci insegna Wikipedia, una delle unità di effetti sonori della BBC specializzata nella produzione di musiche di scena e insonorizzazioni per la radio e la televisione – e a figure come Delia Derbyshire, che con il tema di “Doctor Who” instillò in intere generazioni l’idea che il suono potesse essere plasmato artificialmente.

Fu però tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta che avvenne la vera epifania, che venne lanciato il primo seme dell’universo dance: l’arrivo sul mercato dei primi sintetizzatori accessibili cambiò le regole del gioco. Emblematico fu il caso dell’esordiente Gary Numan, il quale, entrato in studio per registrare con la chitarra, scoprì per caso la potenza di un Minimoog; un incontro che, come lui stesso ammise, gli cambiò la vita spingendolo verso le macchine. Da quel momento, l’onda del synth-pop di gruppi come Human League, Depeche Mode e Soft Cell, supportati da produttori visionari come Trevor Horn, trasformò la produzione musicale in alta ingegneria sonora, preparando il terreno per ciò che stava per arrivare dagli Stati Uniti.

Quando a metà degli anni Ottanta l’eco della house di Chicago e della techno di Detroit giunse nel Regno Unito, la reazione fu esplosiva e peculiarmente britannica. La grande forza di questa scena, come ben evidenziano le note del booklet scritte dal disc jockey Bill Brewster, risiedeva nella capacità di assorbire influenze esterne per reinterpretarle in modo unico: un processo di assimilazione creativa simile a quanto accaduto con il rock negli anni Sessanta. Non servivano più studi costosi o registrazioni su nastro; grazie al protocollo MIDI e ai campionatori, bastava un po’ di hardware economico e molta fantasia. Fu la democratizzazione della musica: il mito del dilettante divenne realtà e chiunque, anche senza una formazione accademica, poteva comporre una hit nella propria stanza da letto sperando di sentirla suonare nel club locale.

Questa frenesia creativa non si limitò a Londra, che anzi fu inizialmente più lenta a recepire il cambiamento, ma infiammò città industriali come Sheffield, già patria dell’elettronica sperimentale e culla della Warp Records, e Manchester, dove l’Haçienda divenne l’epicentro planetario dell’acid house. Alla base di tutto, una miscela di attitudine punk, tecnologia a basso prezzo ed euforia collettiva che il cofanetto celebra a dovere: un’era selvaggia e gioiosa in cui le barriere di genere crollarono e la musica non fu mai più la stessa. Per comprendere appieno lo spirito di quegli anni, vi invito ad ascoltare dieci tracce rappresentative di questa irripetibile stagione, spaziando tra le sonorità e i nomi inclusi nella corposa antologia della Cherry Red:

COLDCUT FEAT. FLOORMASTER SQUEEZE
Beats + Pieces (Mo Bass Remix)

JOHN ROCCA
I Want It To Be Real (Farley’s Hot House Piano Mix)

KRUSH
House Arrest (The Beat Is The Law)

JUDGE DREAD
Jerk Your Body

US
Born In The North

D-MOB FEAT. GARY HAISMAN
We Call It Acieeed (The Radio Edit)

SAMANTHA FOX
Love House (The Black Pyramid Mix)

2 MEN, A DRUM MACHINE & A TRUMPET
Tired Of Getting Pushed Around (The Mayhem Rhythm Mix)

POP WILL EAT ITSELF
Touched By The Hand Of Cicciolina (The 9 Renegade Soundwave Mix (Smoothneck))

THE CURE
Lullaby (Extended Remix)


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »