Brian Eno & Beatie Wolfe
Con un archivio di demo e inediti che supera le diecimila unità, Brian Eno conferma di rappresentare un’intelligente anomalia nel panorama della musica non solo attuale. Autodefinitosi non-musicista, il geniale autore e produttore ha rivoltato come un calzino l’arte contemporanea, con esternazioni artistiche che hanno trascinato la musica rock verso il futuro con un linguaggio che non ha eguali.
Con le undici composizioni estratte dal cappello magico e incluse nel recente album “Aurum”, Brian Eno ha ridato vita al concetto di musica generativa prendendo in carico il lessico dell’intelligenza artificiale per esplorarne le reali possibilità. Un progetto disponibile solo in digitale per Apple Music che pur non aggiungendo nulla di nuovo alle già note pagine ambient del musicista, ha riportato al centro dell’attenzione un concetto di creatività che vede ancora protagonista l’uomo.
In quest’ottica si inseriscono anche i due album realizzati con la musicista e artista concettuale anglo-americana Beatie Wolfe, “Luminal” e “Lateral”, entrambi terreno fertile per le teorie a metà strada tra tecnologia e scienza, con le quali la Wolfe studia la valenza terapeutica della musica su degenerazioni cognitive come la demenza e l’alzheimer.
Due dischi ben diversi, la cui complementarità è legata più ad una dimensione spazio-temporale che ad una profonda sinergia creativa. La presenza della Wolfe in “Lateral” è appena percepibile, essendo l’album un’evoluzione delle strategie alchemiche di un’opera “Discreet Music”, rielaborate attraverso il filtro concettuale della musica generativa, per un disco ambient alquanto affabile, nonostante le otto composizioni appaiano identiche sia dal punto di vista compositivo che di durata (poche variazioni di secondi intorno agli otto minuti per ognuno dei brani).
Quel che distingue l’altro capitolo, “Luminal”, è la presenza della voce che, pur regalando variabili armoniche e liriche, resta tuttavia congeniale ad un suono rilassante ed ambient. Nella sua apparente normalità “Luminal” svela una serie di sfumature e intuizioni che pian piano assumono un valore ben più potente e sovversivo, non c’è infatti bisogno di attendere un’eventuale utilizzo di “And Live Again” in un progetto cinematografico per esaltarne l’intenso romanticismo e candore melodico, né necessità di aggettivazioni eclatanti la splendida incursione nella psichedelia e nel blues di “My Lovely Day”. Più che canzoni/composizioni queste undici tracce sono epifanie, che si tratti di uno scarno e ascetico cosmic-ambient-pop alla Julee Cruise (“Milky Sleep”, “Shhh”), o di un avvincente dream-pop dalle tipiche sembianze alla Brian Eno post Roxy Music (“Hopelessly At Ease”) è evidente che “Luminal” sia il frutto di una sinergia creativa notevole.
La musica di Eno e Wolfe appartiene al mondo dei sogni, da essi estrae linfa vitale per ballate cadenzate su tempi di valzer e country (“Play On”), cattura quella magia folk-pop che dona immortalità alla musica contemporanea (la contagiosa “Suddenly”), ma soprattutto ribadisce quanto Brian Eno abbia influenzato una generazione di musicisti che va dagli Spacemen 3 ai Beach House.
Le ultime composizioni mostrano un tratto più sperimentale e astratto: il tono più inquieto e oscuro delle tracce è ora intenso “A Ceiling And A Lifeboat”, ora rasserenante e sobrio “Breath March”, ora quasi corrosivo “Never Was It Now”, e precorrono il taumaturgico e fiducioso finale di “What We Are”, in un’altra perla di quelle strategie oblique che il musicista e produttore inglese ha dispensato nella sua nobile e lunga carriera.
03/07/2025