Big Thief – Double Infinity
Che bello! Sono tornati i Big Thief! Sono passati tre anni e mezzo dall’uscita di “Dragon New Warm Mountain I Believe In You” e nel frattempo il Covid è finito, ma la band di Brooklyn ha perso il suo bassista Max Oleartchik, proseguendo il suo cammino come trio.

Prodotto e mixato dal loro collaboratore di lunga data Dom Monks (Nick Cave, Laura Marling, Porridge Radio), questo sesto album degli statunitensi è stato registrato lo scorso inverno ai Power Station Studios di New York nel corso di tre settimane.
Insieme a una comunità di musicisti composta da Alena Spanger, Caleb Michel, Hannah Cohen, Jon Nellen, Joshua Crumbly, June McDoom, Laraaji, Mikel Patrick Avery, Mikey Buishas hanno suonato per nove ore al giorno, registrando dal vivo – simultaneamente – improvvisando arrangiamenti e facendo scoperte collettive.
E proprio questi numerosi ospiti hanno fatto sentire ai Big Thief un senso di comunità durante il processo di registrazione, che era proprio ciò di cui sentivano il bisogno dopo un divorzio e una fine di una relazione (e nel frattempo Crumbly, musicista di scuola jazz, è diventato il loro touring bassist per il prossimo tour).
“Words”, uno dei singoli che hanno anticipato la release, ci sorprende subito con quel suo tono psych-folk, dove non mancano cori dai toni tribali, qualche inserzione noise, ma anche un assolo della chitarra di Buck Meek, mentre è impossibile non notare l’ottimo lavoro di James Krivchenia, che gestisce perfettamente il ritmo del brano, capace di variare nelle tonalità nello spazio di qualche attimo: la voce di Adrianne Lenker, invece, rimane sempre morbida e rassicurante.
Subito dopo i toni cambiano totalmente con “Los Angeles”, dove i Big Thief decidono di spostarsi verso territori country-folk, trovando nella semplicità la più grande forza e bellezza: mentre i panorami sonori si fanno più larghi e luminosi, si può godere di armonie preziose grazie alle voci di Alena Spanger, Hannah Cohen e June McDoom. Un altro gioiello di grande valore e ricco di sentimenti che si va a incastonare nella già prestigiosa discografia della band di Brooklyn.
In questa nostra breve analisi non possiamo fare a meno di citare “Grandmother”, in cui la voce della Lenker si va a unire con quella spettrale di Laraaji, ottantaduenne musicista ambient nativo di Philadelphia presente anche sul resto del disco con cetra, tablet e piano: percussioni, synth e armonie creano un’atmosfera davvero speciale e difficile da descrivere, mentre Adrianne canta “Gonna turn it all into rock and roll” e i dettagli strumentali, che spesso si trasformano in vere e proprie jam, continuano a impreziosire la traccia.
Delle nove canzoni presenti su “Double Infinity” la più lunga (quasi sette minuti) è “No Fear”: anche qui vi sono lunghe jam e l’ambiente si fa più psichedelico, ipnotico, cupo, ma anche sognante allo stesso tempo con la Lenker che continua a ripretere “There is no fear“, quasi come se fosse un mantra.
Aiutati da un gruppo di collaboratori, i Big Thief hanno costruito un album davvero interessante e solido, che li vede andare oltre ai loro soliti sentieri sonori, lasciando aperte numerose nuove porte per il futuro: un altro pezzo importante e vincente per la loro carriera.
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