“Biancorossi per sempre”, Rosario Sasso e i ricordi di Bari
Il secondo appuntamento della rubrica “Biancorossi per sempre” è dedicato a Rosario Sasso. Difensore dal forte temperamento, nato a Pozzuoli l’8 aprile del 1958, ha collezionato 70 presenze e due gol con i ‘galletti’ nelle stagioni 1979-80 e 1980-81, in cui ha indossato la maglia numero 4. Oggi, 67enne, vive a Castiglione Fiorentino, in provincia di Arezzo, dove allena in una scuola calcio.
Rosario, nell’estate del 1979 è giunto a Bari dal Foggia.
“Sì, ero uno dei giovani rossoneri promettenti, insieme a Maurizio Iorio. I 5 gol siglati in 29 partite, al mio primo anno in B, mi diedero valore e il Bari mi cercò. Il Foggia dovette vendermi perché rischiava il fallimento. Arrivai con l’etichetta di goleador su calcio di punizione: a Foggia l’anno prima ne feci quattro, tra cui uno al Bari”.
Com’è stato il suo impatto con la città barese?
“Fui contento di venire in una città stupenda, con una società che mirava in alto. Era la prima volta che andavo fuori dalla città nella quale avevo iniziato dalle giovanili”.
Quali sono stati i posti di Bari che ha amato di più?
“Il meraviglioso lungomare: era stupendo sentire l’odore della salsedine. Bari è tutta bella e per me, che sono nato sul mare, era eccezionale. Passavo molto tempo a Santo Spirito, dove facevo gruppo con altri calciatori che abitavano lì. Non c’erano primedonne, eravamo affiatati”.
Il suo piatto barese preferito?
“Il crudo di mare: datteri, ricci, seppie e… Non ricordo come si chiamano le seppie piccoline”.
Allievi.
“Bravo! L’allìive! (ride, ndr). Che ricordi favolosi! Abitavo vicino a un famoso ristorante di mare, e spesso mi fermavo a veder pulire i ricci e arricciare gli allievi. Bari mi ha insegnato a mangiare il crudo di mare e a vederlo pescare. Mi fermavo spesso a delle bancarelle che offrivano i ricci con il pane e un bicchiere di vino bianco di Locorotondo. Per me vivere sul mare era come stare a casa”.
Come sono state le sue due stagioni biancorosse?
“La prima fu bella ma sfortunata: a fine girone d’andata eravamo a tre o quattro punti dalla prima, mentre perdemmo colpi dalla sfortunata gara di Verona, nella quale si infortunarono pesantemente Libera e Gaudino, e l’unico attaccante rimasto fu il giovane barese Boccasile. Nel secondo anno non iniziammo bene e, nonostante l’arrivo di Iorio e Serena, non riuscimmo nel nostro intento. Finimmo entrambi i campionati a metà classifica. Bari fu una tappa importante di carriera e di vita. Arrivò l’esordio in Nazionale di B con il mio grande amico Stefano Garuti”.
Fu esonerato Renna e arrivò Catuzzi.
“Conoscevamo bene Catuzzi. Quando in amichevole dovevamo affrontare la sua forte Primavera, ci facevamo il segno della croce perché sapevamo che dovevamo correre e basta. Renna spesso interrompeva l’amichevole e, per punizione, ci faceva correre intorno al campo”.
Con la maglia del Bari ha realizzato due gol. Qual è stato il più importante?
“Entrambi su rigore. Il più decisivo fu col Pisa: una bella botta centrale. L’altro contro la Sambenedettese, al portiere Tacconi”.
Com’è stato il suo rapporto con mister Renna e Matarrese?
“Renna era un signore, e ho avuto un ottimo rapporto con lui. Tonino Matarrese era un amico per noi. Con lui ebbi un battibecco, per questioni contrattuali, quando andai via. Suo fratello Vincenzo, invece, all’epoca era un tifoso. Quando dovevamo confessarci andavamo dall’altro fratello prete (ride, ndr). Eravamo circondati dai Matarrese”.
Com’è stato il suo rapporto con la tifoseria barese?
“I tifosi erano eccezionali. Lo stadio della Vittoria era fantastico: la gente era in campo con noi. Se all’epoca le cose fossero andate meglio, a Bari sarebbe stata apoteosi. Rimasi a Bari ad allenarmi sino all’ottobre del 1982, quando fui ceduto alla Cavese”.
A Bari ha avuto un soprannome?
“Mi chiamavano “chiancone”. Quando dovevo calciare una punizione mi dicevano: “Ammine nu chiangone!” (sorride, ndr).
Ricorda qualche aneddoto?
“In una gara c’era mia madre in tribuna, ed era preoccupata per me perché eravamo fischiati. Quando invece si accorse che uscii tra gli applausi, scoppiò a piangere”.
“Ha un rimpianto?
“Quello di non essere rimasto a Bari. Avrei voluto vincere coi biancorossi”.
Come descriverebbe il calciatore Sasso?
“Un condottiero, pronto a redarguire i compagni, ma per loro ero disposto a prendere botte pur di salvarli. Un classico libero. A Foggia ho giocato anche da mediano, terzino e stopper. A Bari una volta Renna mi schierò esterno sinistro per marcare Ripa della Sambenedettese, che conoscevo. Il mio punto di forza era il colpo di testa: nell’elevazione rimanevo in aria più degli altri. In carriera ho fatto 29 gol, che per un difensore non sono pochi”.
Le piace il calcio di oggi?
“Oggi il calcio è più veloce, ma meno bello. Quando guardo una partita in tv, dopo un po’ mi annoio. Ma quando ci sono undici ragazzini che rincorrono un pallone, è sempre bello”.