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Berlino ignora l’Europa e invita Unicredit a fare un passo indietro su Commerzbank

Si fa presto a dire Europa. Poi però, alla prova dei fatti, perfino i tedeschi sono fermi all’abc, l’Unione bancaria è poco più di una chimera e figuriamoci il resto. L’ultimo segnale Berlino lo ha dato facendo orecchie da mercante davanti ai richiami della Commissione Europea in tema di titolarità sulle fusioni bancarie. “Ci aspettiamo che UniCredit abbandoni il suo tentativo di acquisizione. Rimaniamo impegnati per una Commerzbank indipendente“, ha dichiarato alla Dpa il ministro delle Finanze e vice Cancelliere, Lars Kingbeil giovedì 10 luglio.

Parole che pesano come pietre, anche se non possono avere alcun risvolto pratico. Giusto il giorno prima Bruxelles, per bocca di un portavoce, aveva ricordato – tanto a Roma quanto a Berlino – che se una fusione bancaria è autorizzata a livello comunitario “sul piano prudenziale e della concorrenza, non vi è alcuna base giuridica, nel mercato unico né tantomeno nell’unione bancaria, per bloccare un’operazione sulla base di una decisione discrezionale di un governo” e che “per il diritto comunitario i Paesi possono imporre restrizioni alle libertà fondamentali, compresa quella della libera circolazione dei capitali, solo se sono proporzionate e fondate su motivi di interesse pubblico. Restrizioni basate esclusivamente su considerazioni economiche non sono giustificabili”.

Una sintesi che non lascia spazio a equivoci, ma che non ha creato imbarazzi a Berlino nel suo chiedere a Unicredit un passo indietro sull’acquisizione di Commerzbank. Eppure la banca italiana, che è entrata in Commerzbank poco più di un anno fa partecipando a un’asta su invito del governo, nei giorni scorsi si è limitata a convertire in azioni parte dei derivati che deteneva, come è stata autorizzata a fare dalle autorità competenti. Il punto che scotta, per il governo Merz, è che ora la banca guidata da Andrea Orcel è a tutti gli effetti il primo socio di Commerzbank con il 20% del capitale e dei diritti di voto, mentre la quota residua dello Stato tedesco è attualmente del 12%. Non solo. UniCredit ha dichiarato che intende convertire la sua restante quota del 9% in azioni a “tempo debito”. E la posizione del governo federale rimane chiara, ha sottolineato Klingbeil: “Respingiamo l’approccio non coordinato e ostile di UniCredit. Il governo federale lo ha chiarito a UniCredit. Il governo federale non venderà la sua quota”. E così il mercato ha bersagliato di vendite i titoli di entrambi gli istituti che hanno perso rispettivamente il 3,8% (Commerzbank) e il 2,9% (Unicredit).

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