Lazio

Becciu da pupillo a reietto. Il legame col Papa logorato dagli anni e quelle ombre sulle lettere – Il Tempo


Nico Spuntoni

Chissà cosa deve aver provato ieri il cardinale Angelo Becciu di fronte alla bara di legno sul sagrato di San Pietro. Nel day after della scoperta delle lettere che lo metterebbero fuorigioco nel conclave, il porporato sardo si è ritrovato insieme ai suoi confratelli per concelebrare le esequie del Papa di cui è stato per sette anni uno dei collaboratori più stretti e fidati. Fa impressione pensare che un mese fa Francesco, ormai quasi morente, avrebbe trovato la forza e il tempo per decretare la clamorosa esclusione. Una firma che sarebbe stata apposta proprio nell’appartamento di Santa Marta in cui dodici anni prima Becciu condusse il neoeletto Papa per la prima volta. Il rapporto tra i due è stato strettissimo e confidenziale negli anni in cui il porporato sardo era il numero due della segreteria di Stato. Una scintilla scoccata sin da subito per via di quella comune allergia al linguaggio e al modo di fare curiale. Fino al 2018 Becciu ha rappresentato l’uomo simbolo della Curia a trazione Bergoglio, mettendoci la faccia nei momenti più difficili: da Vatileaks II al commissariamento dell’Ordine di Malta, dalle tensioni col governo Renzi sulla legge Cirinnà alla crisi sui migranti col Conte I.

 

 

 

I maliziosi dicevano che fosse lui il «vero» segretario di Stato perché forte di un rapporto personale col Papa che il suo superiore Pietro Parolin non era riuscito a costruire. Quella tra i due italiani era stata una coabitazione difficile, così come sarebbe poi accaduto col suo successore Edgar Peña Parra. «Colpa» dello stile di comando di Francesco che amava il «divide et impera» in Curia. Un metodo che ha attirato invidie e antipatie a Becciu per la stretta fiducia mostrata dal Pontefice nei suoi confronti. Un rapporto che non è cambiato nel 2018 con la creazione a cardinale e l’assegnazione di un dicastero prestigioso come la congregazione per la causa dei santi. Così per altri due anni, poi in questa fase qualcosa deve essere successo se all’improvviso, il 24 settembre del 2020, Bergoglio decise di liquidare il suo vecchio amico togliendogli il ruolo di prefetto e temporalmente i diritti legati al cardinalato credendo alle accuse di soldi indirizzati dalla Segreteria di Stato ai propri familiari. In quella drammatica udienza da cui Becciu uscì con la punizione più severa e l’immagine pubblica distrutta, il Papa mai parlò del palazzo di Londra né dei pagamenti per la liberazione della suora.

 

 

 

Due questioni già discusse in precedenza col suo collaboratore ma che poi sarebbero state contestate al cardinale nel processo in cui è finito per via di un provvedimento ad hoc preso da Santa Marta. Da allora Bergoglio ha mantenuto un atteggiamento ambiguo verso Becciu, augurandosi pubblicamente la sua innocenza ma al tempo stesso non esprimendosi sulle ombre che dall’esterno sono state evidenziate a proposito dell’inchiesta. L’atto più clamoroso avvenne nel Giovedì santo del 2021, quando Francesco si presentò a casa di Becciu per celebrare la messa con lui, sorprendendolo ed emozionandolo. Mentre il processo andava avanti, i due hanno continuato a sentirsi e nell’agosto del 2022 è arrivata la convocazione per il concistoro, un diritto riservato ai cardinali. De facto, quindi, Bergoglio ha restituito in quell’occasione quanto tolto due anni prima. La familiarità tra i due è rimasta nonostante tutto e in uno degli ultimi incontri a Santa Marta, quando Becciu ha ricordato con nostalgia i «bei tempi» in cui lavoravano fianco a fianco, il Papa ha risposto «Tranquilo, tranquillo: ritorneranno quei tempi». Come può un auspicio simile conciliarsi con la cacciata dal conclave firmata mentre la salute deteriorava inesorabilmente? O Francesco non è stato sincero, oppure c’è qualcosa che non torna nell’intricata vicenda della lettera.


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