basta nuovo reato contro i femminicidi?- Vipiù

In coincidenza con la giornata della donna l’8 Marzo 2025 il Governo ha dato il classico giro di vite punendo severamente i femminicidi: “Viene introdotto l’art. 577-bis del codice penale, con il nuovo reato di “femminicidio”… “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità, è punito con l’ergastolo”.
Sino a 44 anni fa, il reo se la cavava con la reclusione da tre a sette anni per il cosiddetto delitto d’onore, regolato dall’articolo 587 del Codice Penale del 1930, noto come Codice Rocco, e abolito il 5 agosto 1981 con la legge n. 442. Questa legge ha eliminato le disposizioni che prevedevano attenuanti per chi commetteva un omicidio per difendere l’onore familiare, spesso applicate in casi di infedeltà coniugale. L’abolizione ha rappresentato un passo significativo verso la parità di genere e la tutela dei diritti delle donne nel paese. Poi l’ordinamento giuridico italiano non prevedeva una specifica fattispecie di reato denominata “femminicidio”. I casi di omicidio di una donna erano inquadrati nell’ambito del reato generale di omicidio, disciplinato dall’articolo 575 del Codice penale, che punisce chiunque cagioni la morte di una persona con la reclusione non inferiore a 21 anni.
Tuttavia, erano previste circostanze aggravanti specifiche per determinati contesti, come l’omicidio commesso contro il coniuge, il convivente o il partner in una relazione affettiva. Queste aggravanti comportavano un aumento della pena fino all’ergastolo.
La legge n. 69 del 2019, nota come “Codice Rosso”, aveva rafforzato le tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, accelerando i procedimenti penali e introducendo misure cautelari più rigorose.
Il 7 marzo 2025, infine, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che introduce il reato autonomo di “femminicidio”, punito con l’ergastolo. Questa nuova normativa prevede pene più severe per gli atti di violenza contro le donne e mira a riconoscere la specificità di tali crimini.
In poco più di 40 anni, quindi, la società ha compiuto un balzo quantico con una norma specifica, di nuovo conio e, anche se alcuni concetti espressi andranno interpretati dai giudici, i fatti giunti alla ribalta delle cronache hanno evidentemente spinto l’esecutivo ad usare le maniere forti.
Tuttavia, il bastone legislativo non va, forse, alla radice del fenomeno: coloro che giornalmente hanno a che fare con tali nefandezze, “studiando” i dati, arrivano alla conclusione che, da sola, la sanzione potrebbe non essere sufficiente.
Allora bisogna chiedersi innanzitutto cosa spinge una persona a perdere lucidità al punto di compiere un crimine così efferato?
Il “Dipartimento della pubblica sicurezza Direzione centrale della polizia criminale Servizio analisi criminale” ha fatto il punto proprio su “Il pregiudizio e la violenza contro le donne” (Roma, novembre 2024) ed ha individuato dei cosiddetti “reati spia”, cioè Atti persecutori (art. 612 bis c.p.); Maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); Violenze sessuali (art. 609 bis, 609 ter e 609 octies c.p.).
Secondo gli autori della ricerca le vittime sono in prevalenza donne in tutti e tre i casi. La conclusione, però, fa pensare: “In termini generali, quindi, nonostante le campagne anche mediatiche sempre più pressanti, i dati inerenti ai delitti commessi fanno registrare, in valori assoluti, un incremento in tutte le fattispecie dei cd. reati spia; inoltre, l’incidenza delle vittime di genere femminile, che continua ad attestarsi su valori elevati, mostra un andamento sostanzialmente costante negli archi temporali di riferimento.
La speranza è che il clamore che la rete e i mass media danno ai reati contro le donne non diventi un boomerang, favorendone così la crescita anziché frenare l’andamento”.
Come a dire che anche la mediatizzazione, dei casi di femminicidio e conseguenti cortei e manifestazioni di piazza con tanto di striscioni e riprese filmate, potrebbero, oltre che denunciare questi comportamenti esecrandi, fare anche danno per effetto del tristemente noto fenomeno della emulazione patologica.
Chi commette, infatti, questo tipo di reati? “L’analisi sugli autori dei reati spia della violenza di genere evidenzia come, in entrambi i periodi di riferimento, la maggior parte dei responsabili abbia un’età compresa tra 31 e 44 anni, cui seguono quelli della fascia anagrafica più elevata, tra i 45 e i 54 anni, e quelli tra i 18 e 30 anni; in entrambi i semestri del biennio esaminato gli autori minorenni si attestano al 2%.”.
Sono abbastanza giovani, quindi, coloro che si approcciano a certi comportamenti e questo smentisce l’immagine, con solide radici nel passato, dell’anzianotto violento e magari comportamentalmente “malato”.
Veniamo ai fatti specifici di femminicidio: “In particolare, nel biennio in parola, il numero degli omicidi volontari consumati passa dai 328 del 2022 ai 338 del 2023, con un incremento del 3%, mentre quello delle vittime di genere femminile mostra un sostanziale decremento (-9%), passando da 130 a 118.
Nel 2023 l’incidenza delle vittime donne sul totale degli omicidi commessi scende al 35% rispetto al 40% registrato nel 2022.
Nel 2022 e 2023 gli omicidi commessi in ambito familiare/affettivo fanno registrare lo stesso valore (148), confermando il sostanziale decremento delle vittime donne, che da 106 (2022) scendono a 96 (-9% nel 2023). Anche l’incidenza di queste ultime mostra valori in calo, passando dal 72% al 65%.
In controtendenza, sono invece gli omicidi commessi da partner o ex partner che, pur registrando nel biennio in argomento lo stesso numero di eventi (70), mostrano, nel 2023, un incremento del 5% delle vittime di genere femminile, passate da 61 a 64.
Di conseguenza, sale anche l’incidenza delle vittime donne, attestandosi, nel 2023, al 91%, rispetto all’87% dell’anno precedente. “.
E cioè ci sono meno femminicidi in ambito familiare più femminicidi commessi da partner od ex partner.
Che fare? I consigli degli esperti sono i seguenti: “Purtroppo, non sempre gli adolescenti si rendono conto di vivere “relazioni tossiche” e subiscono talune condotte o atteggiamenti possessivi da parte del proprio partner, immaginando quale “amore” una dipendenza emotiva o manipolativa in cui si trovano intrappolati inconsapevolmente.
Subire da parte del partner il controllo del telefonino, vedersi limitare l’uscita con altri amici, venire condizionati nella scelta dell’abito da indossare, non sono affatto segni di affetto, ma atti di possesso e sopraffazione, “campanelli d’allarme” da non sottovalutare.”
Suggerimenti pacificamente in linea con il dato riguardante la giovane età degli autori dei reati spia che poi degenerano e siamo, comunque, e sempre nell’ambito di relazioni o rapporti con risvolti patologici da un punto di visto psichico o psicologico.
Riecheggiano le parole dell’abrogato articolo 587 del codice Rocco che così descrivevano la situazione: “stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”
Termini che oggi ad usarli suscitano certamente sdegno, ma che descrivono semplicemente con linguaggio ottocentesco cosa accade nella mente di un soggetto che delinque e compie un femminicidio.
Il che non sta a dire che siamo sostenitori del vecchio codice, sia ben chiaro, ma che a volte studiare storia e storia del diritto, in particolare, male non fa, se si vuol capire il presente, tra cui i motivi che spingono la follia umana e maschile fino al femminicidio.
In conclusione ecco cosa ci dice il Ministero dell’interno su questi inasprimenti di pena per il femminicidio: “Tra tutte le tipologie di violenza quella esercitata dagli uomini contro le donne è certamente la più deprecabile. Come attestato dalle evidenze statistiche e dalle informazioni che quotidianamente diffondono i mass media, negli ultimi anni il fenomeno ha assunto una dimensione allarmante per il numero delle vittime, sia in considerazione della giovane età delle stesse sia degli autori, evolvendo da fenomeno emergenziale a vera e propria piaga sociale. Tale fenomeno ha, altresì, una significativa eco mediatica, che contribuisce a ingenerare un diffuso senso di insicurezza.
I dati fanno riferimento ad un fenomeno strutturale, conseguenza di uno squilibrio patologico nel rapporto uomo/donna, insidioso nelle sue molteplici manifestazioni tanto da non essere spesso percepito dalla vittima nella sua effettiva gravità.
La violenza contro le donne è una conseguenza di questo rapporto sbilanciato uomo/donna, protetto da un’ancestrale impalcatura culturale, eretta su un atavico principio del dominio maschile sulle donne, da sempre considerate più deboli.
La differenza fisica tra uomo e donna alimenta questo difetto culturale, che porta a identificare la donna come un “qualcosa” da sopraffare in un’infinità di modi: dalla violenza fisica, sic et simpliciter, a quella psicologica, più difficile da intercettare. Tale impalcatura culturale porta a riproporre, con le parole e con i comportamenti, stereotipi di genere.
Contrastare la violenza contro le donne richiede una lettura delle sue componenti culturali, per arrivare a sovvertire questa sovraordinata gerarchia di genere che appare viceversa come la più naturale dell’ordine sociale.
Come ci rivelano i dati, il trend dei reati commessi è in costante aumento rispetto agli anni passati. Tale circostanza può, tuttavia, essere interpretata anche come conseguenza dell’introduzione di misure legislative di tutela delle vittime e di una loro crescente consapevolezza, che le induce a denunciare, confidando nell’operato delle Istituzioni.
Sorge spontanea una riflessione: nella lotta contro questo fenomeno è necessario avere consapevolezza che il diritto penale è solo uno degli strumenti necessari ad eliminare la violenza contro le donne e che, anzi, il ricorso alla sanzione penale rappresenta il segno del fallimento delle politiche di prevenzione.”
Non ci resta che associarci a tali conclusioni e, cercare, ognuno per la propria parte e con tutte le proprie forze, di ripristinare, prima, e condividere, poi, con tutti i nostri interlocutori un livello di consapevolezza e rispetto sociale e di genere tale da poter contribuire a prevenire questi eventi esecrabili, prima ancora che perseguire in tribunale i reati di femminicidio, una volta consumati.
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