Salute

Basta armi” e bandiera della Palestina al Giro d’Italia: identificati. “Qualcuno ha chiesto ai volontari del servizio gara di toglierli: loro si sono rifiutati

Da Sud a Nord: chi espone la bandiera della Palestina al Giro d’Italia viene identificato dalle forze dell’ordine. E’ successo in Puglia, è successo lunedì a Lonigo – in provincia di Vicenza – all’eurodeputata Cristina Guarda, è successo di nuovo martedì mattina a due gruppi a Piovene Rocchette, ancora nell’Alto Vicentino. Poco prima del passaggio dei ciclisti (come sempre in diretta su varie tv) una quindicina di manifestanti sono stati raggiunti dalle forze dell’ordine, a cui hanno dovuto dare le generalità e i documenti.

“Abbiamo voluto essere presenti al Giro con le bandiere della Palestina per manifestare la nostra solidarietà alle vittime del genocidio – racconta Matilde Tomasi del coordinamento Altovicentino per la Palestina – Quando siamo arrivati, alcune bandiere erano già esposte su una recinzione, abbiamo pensato di spostarle perché non erano ben visibili. Mentre lo facevamo, delle persone in borghese ci hanno fotografato e hanno ripreso anche le targhe delle nostre macchine: pare che fossero della Digos. È arrivato anche un carabiniere in divisa, ci ha detto di mostrargli i documenti per dei controlli di routine, perché non eravamo del posto. Poi sono arrivati altri ragazzi a manifestare, a loro hanno aperto gli zaini”. Controlli di routine, ma solo per chi esibisce il drappo palestinese evidentemente. “Al Giro ci sono bandiere di tutti gli stati, anche noi volevamo alzare la nostra al passaggio dei ciclisti, non è nemmeno una protesta – continua Tomasi -. Ci sembra un atto intimidatorio, ci chiediamo perché abbiano controllato i documenti e gli zaini solo dei nostri gruppi e non di altri tifosi. È triste che questi dipendenti dello Stato si concentrino chi manifesta pacificamente contro un genocidio in corso”.

Nel gruppo di manifestanti i profili sono anche molto diversi tra loro, come spiega Piero Zaltron, 78 anni e una vita di lotte, anche lui identificato martedì. “Siamo studenti, pensionati, lavoratori, dall’operaio all’impiegato, un avvocato, un ex sindaco… Ogni venerdì ci troviamo sotto al Duomo di Schio, facciamo un’ora di protesta silenziosa per la Palestina. In quei ritrovi siamo accompagnati dalle forze dell’ordine, non ci avevano mai chiesto i dati e i documenti”.

Per questo, ciò che è accaduto al Giro è singolare. “Non è normale che succeda ad una manifestazione sportiva – continua Zaltron – Era pieno di bandiere, ma hanno chiesto i documenti solo a noi. Per me, è un fatto di una gravità enorme, che va oltre al rispetto della libertà di ogni cittadino. Ci siamo trovati alle 9 di mattina, sotto la pioggia, avevamo diverse bandiere palestinesi e uno striscione con scritto ‘basta armi‘”. Piero conferma la ricostruzione di Matilde Tomasi: prima l’agente in borghese che scatta foto, poi il carabiniere che chiede i documenti. “Ci ha chiesto perché eravamo lì e cosa significassero quelle bandiere – prosegue – Noi abbiamo chiesto il motivo: siamo cittadini liberi che non fanno niente di male ed esprimono il loro dissenso pacificamente, con una bandiera. Ci hanno risposto che stavano solo facendo il loro lavoro”.

Bruno Claudia è un altro identificato dalle forze pubbliche. “Ci siamo trovati per fare un piccolo sit-in, stavamo spostando delle bandiere quando un carabiniere ci ha fermato e ci ha chiesto i documenti, dicendo che lo faceva regolarmente, non per le nostre bandiere. Intanto un membro della Digos in borghese ci riprendeva: avrebbe potuto presentarsi e spiegare che sono autorizzati a filmarci, senza limiti di privacy”. Restano le incognite. “Il carabiniere non è stato maleducato, ma colpisce che proprio adesso ci sia un boom di controlli sulle persone che portano le bandiere della Palestina. Poi qualcuno ha chiesto ai volontari del servizio gara di rimuovere le bandiere, questi si sono rifiutati e ci hanno riferito che c’era il rischio che i carabinieri le sequestrassero”.

Non è l’unico fatto recente che riguarda i manifestanti proPal della zona. In questi giorni due attivisti di Altovicentino per la Palestina e del Collettivo Rotte Balcaniche sono stati condannati a sei mesi di reclusione (poi ridotti a tre, quindi la pena è stata commutata in 4500 euro di multa a testa) per aver imbrattato, a marzo 2024, la sede di una banca a Schio. Avevano spalmato della vernice lavabile sulle vetrate e avevano lasciato delle macerie all’ingresso, simbolo del massacro in Medio Oriente. Non c’è pace per chi chiede la pace in Palestina.


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