Barbara Alberti: «Ho fatto sempre gli stessi sbagli, non credo di aver capito la vita, l’ho solo vissuta. Però sono grata, non a Dio, spero che non esista, perché se c’è, è un mostro: vanitoso, crudele, egocentrico. Se invece non c’è, meglio».
**Questa intervista a Barbara Alberti è pubblicata sul numero 47 di Vanity Fair in edicola fino al 18 novembre 2025, un numero speciale in cui 10 grandi saggi riflettono sul passato, sulle sfide di oggi e sulle idee per il futuro. **
Cane si affaccia alla porta. È bianco e grandissimo, ha un nome proprio ma lui risponde solo se lo chiami così, «cane». È seguito da un gatto a pelo lungo bianco e nero. Dietro di loro, tra colonne di libri, un soffitto fiorito in carta da parati, una lampada ricoperta da un pizzo ricamato a mano, alcune foto di figli e animali appese qua e là, e un vassoio di cornetti profumati c’è Barbara Alberti, appena tornata in libreria con «Gelosia», per Piemme. Cerca la sigaretta elettronica, si siede. «Non se ne può più dei vecchi che parlano di loro», esordisce, poi scoppia a ridere. E noi con lei.
È gelosa?
«Purtroppo mi appartiene. La gelosia è una dannazione, nel senso che dal momento in cui ti innamori temi di perdere. Non sono una gelosa patologica ma sono stata gelosa soprattutto delle cose impalpabili. Una volta una persona che amavo molto mi disse che si era innamorata di un’altra. Me lo disse con una tale confidenza che io ne fui quasi felice. Perché sentivo che mi faceva partecipe della sua verità. Oggi, però, non ne parlo».
Qual è stato il momento più bello della sua vita?
«Non lo so, davvero. Ce ne sono stati tanti. Non mi conosco molto, ricordo poco. Forse quando sono nati i miei figli. Non li avevo programmati, non avrei mai avuto il coraggio di mettere al mondo un essere umano, è una responsabilità enorme. Ma la natura ha agito per me. E poi, quando li ho visti, con tutte le ditine, gli occhietti, sì credo che quei momenti siano stati i più belli».
Il momento più brutto?
«Non lo so e non voglio saperlo. Non mi interessa ricordare le cose brutte. L’oblio mi ha protetta, e anche danneggiata, certo, perché non possiedo pienamente la mia vita. Mi dimentico di molte cose. Ogni tanto è il mio ex marito a ricordarmele. Ho fumato tutta la vita, da quando avevo undici anni, e questo certo non ha aiutato la memoria. Anche se conosco fumatori accaniti con memorie di ferro. È un dono, la memoria».
Ricorda quando ha scoperto di essere incinta?
«Sì, ero felice. L’ho scoperto banalmente perché non mi veniva il ciclo: una volta a vent’anni, una a trenta».
Qual è stato l’errore che le ha insegnato di più?
«Nessuno, non ho imparato niente! (ride) Ho sempre fatto gli stessi sbagli. Non credo di aver capito la vita, l’ho solo vissuta. Però sono grata, non a Dio, spero che non esista, perché se c’è, è cattivo. Se Dio ci ha fatti a sua immagine e somiglianza, è un mostro: vanitoso, crudele, egocentrico. Se invece non c’è, meglio».
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