Umbria

banca condannata a risarcire il cliente


Cinquanta anni di storia imprenditoriale e di edilizia perugina cancellati dagli interessi illegittimi applicati sui conti correnti bancari dal lontano 1985 e che ogni anno che passava hanno minato la solidità dell’azienda.

Commissioni di massimo scoperto, su accordato e di utilizzo, spese di conto, interessi anatocistici e ultralegali, valute fittizie, nonché di interessi usurari. Sono gli elementi che un imprenditore, assistito dall’avvocato Daniele Fantini, ha contestato alla sua banca (e alla società cessionaria subentrata in seguito) nel corso di un rapporto ultradecennale (a partire dal 1985) e che, alla fine, avrebbe portato a sborsare molto più di quanto dovuto e condotto l’azienda al fallimento.

Il Tribunale civile di Perugia ha trovato fondata la censura in merito alla mancanza di accordi scritti per gli interessi ultralegali “con conseguente riconduzione” al tasso legale. Anche la censura di anatocismo ha trovato accoglimento “non essendo stata stipulata una nuova clausola di capitalizzazione con pari periodicità” nel lungo periodo in cui il cliente ha usufruito dei servizi di conto e prestiti. La capitalizzazione degli interessi, inoltre, pur derivando da contratti precedenti l’entrata in vigore è stata attuata in maniera illegittima e in contrasto con le norme di legge. Per il periodo precedente, inoltre, “è irrilevante l’assenza di una pattuizione scritta che disciplinasse la capitalizzazione degli interessi in modo non periodico” proprio perché contraria al codice civile.

Accolta anche la censura sulla commissione di massimo scoperto, applicata dal 1985 in assenza di una pattuizione scritta e dal 1993 applicata sulla base di una clausola che prevedeva solo la misura percentuale e non anche le modalità di calcolo, con conseguente indeterminatezza.

Quanto alla commissione sull’accordato la banca non ha fornito alcuna prova di aver stipulato un accordo specifico.

Fondate anche le censure su spese e valute, sul calcolo degli interessi e sulle commissioni di massimo scoperto,sempre sulla base della mancanza di accordi scritti e sull’illegittima applicazione degli stessi in contrasto con le norme di legge.

Il giudice del Tribunale di Perugia ha disposto una consulenza tecnica di ufficio che dall’analisi dei documenti contabili, tra i vari conti utilizzati dalla ditta, ha ricostruito la situazione: Il valore totale dell’indebito irripetibile rilevato è pari a 2.777,90 euro, calcolato rispetto ad un indebito totale pari a 152.714,95 euro e un valore totale delle rimesse solutorie pari a 32.610,04 euro. Il conto corrente ricalcolato dopo la verifica delle rimesse solutorie, “valutando i movimenti e i prospetti riepilogativi trimestrali delle competenze addebitate dalla banca, si evince che le somme da recuperare ammontano a 168.971,37 euro. Valore che è stato calcolato come differenza tra il saldo reale del conto corrente di -96.898,81 euro e il saldo risultante dal riconteggio effettuato, che è di 72.072,56 euro. La differenza tra i saldi è scomponibile in 114.461,15 euro come differenza tra gli interessi reali e quelli ricalcolati e dall’utilizzo della data contabile in luogo della data valuta, 21.517,67 euro come commissioni di massimo scoperto enucleate nel riconteggio e 16.736,14 euro come spese ed oneri. Sono state prese inoltre in considerazione le rettifiche derivanti dalle rielaborazioni effettuate sul conto anticipi quantificate in 19.034,27 euro.

A fronte di tutto ciò il giudice ha accolto la domanda dell’imprenditore e stabilito la restituzione di 156.252,32 euro sia da parte della banca sia della cessionaria del credito che era subentrata nei rapporti bancari.


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