Aviaria, dichiarato lo stato d’emergenza in California. “Il virus sta entrando nell’uomo”
Negli Stati Uniti cresce sempre di più la preoccupazione per il primo caso grave di influenza aviaria sull’uomo dopo il contagio di un uomo residente in Lousiana. A tal proposito, nelle scorse ore il governatore della California, Gavi Newsom, ha dichiarato lo stato d’emergenza nel Paese con capitale Sacramento a causa dell’aumento dei casi di contagio tra gli animali. “La misura consentirà alle agenzie statali di poter operare con le risorse e la flessibilità necessarie per contrastare la situazione“, ha dichiarato alla stampa.
Contagi in aumento
L’annuncio ha fatto sicuramente salire la soglia d’attenzione perché arriva poche ore dopo la notizia dell’uomo ricoverato in Lousiana considerato il primo caso di una certa gravità in tutti gli stati americani. I numeri del virus H5N1 tra i bovini, purtroppo, è in aumento da molti mesi come ha spiegato il Dipartimento di agricoltura della California dove è tato trovato in ben 645 aziende lattiero-casearie e nella metà dei casi l’agente patogeno è stato scoperto soltanto nell’ultimo mese.
“Virus sta entrando nell’uomo”
A commentare quanto sta avvendendo oltreoceano è stato il prof. Mauro Pistello, direttore dell’Unità di virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, che all’AdnKronos ha parlato del paziente della Louisiana ma anche di un contagio molto più recente avvenuto in Winsconsin con un altro uomo che ha preso l’infezione dal suo allevamento domestico di polli ma che non si tratta di casi isolati. “Quelli delle settimane scorse di infezioni trasmesse dalle mucche all’uomo sono tutti eventi che se considerati singolarmente rappresentano un rischio basso di focolai epidemici, ma che se presi nel loro insieme rappresentano la prova evidente che il virus sta entrando nell’uomo“.
Le mutazioni genetiche
I ricercatori si sono accorti già da tempo che grazie ad alcune analisi genetiche sui ceppi H5N1 riscontrati nell’uomo sono state riscontrate “mutazioni rispetto ai ceppi nella controparte animale che lo renderebbero più adatto a replicare nell’uomo e, in un futuro prossimo, a trasmettersi da uomo a uomo“, sottolinea Pistello. I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) americani hanno diffuso i dati raccolti da aprile di quest’anno dove sono stati schedati ben 61 casi di influenza aviaria sull’uomo.
Ma cosa si potrebbe fare per ridurrre i rischi di infezione al minimo? Secondo l’esperto adesso è tempo di “una azione concertata, mondiale, dei sistemi sanitari e veterinari che monitorino strettamente l’uomo, oltre che animali selvatici e di interesse zootecnico, al fine di una pronta identificazione e isolamento dei soggetti infetti e di una concomitante analisi dei soggetti, uomini e animali, nell’area geografica circostante al caso identificato”.
Soltanto così, secondo il virologo, sarà possibile prevenire nuove infezioni e abbassare i rischi che questo virus possa compromette la salute dell’uomo nonostante ormai sembra che il virus si sia ormai perfettamente adatto. “Con una strategia integrata e One Health si possano ridurre i danni e contenere l’impatto sanitario ed economico“, conclude.
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