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Autostrade con controllo statale ossia meno investimenti e futuro incerto

Adesso che servono 23 miliardi per ristrutturare la rete autostradale italiana, dal governo e dal Ministero delle Infrastrutture (Mit) prosegue un’azione di pubblicizzazione delle società che gestiscono la rete.

Lo Stato è di fatto il proprietario e in concedente di alcune concessionarie. Questo piano è stato avviato con l’acquisto di Aspi con decreto del 2022. Allora i Benetton avevano incassato una ricca “buonuscita” dallo Stato, circa 8,2 miliardi di euro. Quel decreto doveva essere l’occasione per impostare una nuova ed efficiente azione di riordino del sistema concessionario, che dispone di seimila chilometri di rete autostradale italiana. L’assemblea di Autostrade per l’Italia (Aspi), 3 mila km di rete controllati da Cassa depositi e prestiti (51%) e dai fondi Blackstone Infrastructure e Macquarie Asset management entrambi al 24,5%, ha approvato il bilancio 2024, con un utile di 1.027 milioni di euro. Cassa Depositi e Prestiti è controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (azionista di maggioranza) con l’82,77 %, il resto 17,23% è detenuto da fondazioni di origine bancaria (partecipazione complessiva: 15,93 %), e da numerose fondazioni.

L’ex autostrada dei Benetton ha destinato a distribuzione di dividendi 790 milioni di euro per soddisfare le esigenze di remunerazione dei fondi, anche della CdP. Ecco a cosa sono serviti gli aumenti dei pedaggi del 3,34% del 2023 e del 2,3% del 2024. Hanno inciso su una consistente fetta di traffico veicolare, poiché Aspi gestisce la metà della rete dove transita il 60% del traffico nazionale. Anziché indirizzare la maggior parte degli utili per la manutenzione e la sicurezza di una rete sempre più obsoleta e vecchia, gli extraprofitti sono finiti in dividendi per i voraci soci.

Soci che ora sono nelle buone mani del nuovo ad Arrigo Giana, il manager che gestiva la sconquassata Atac e che ha traghettato in questi ultimi anni verso una crisi sempre più grave l’Atm, il servizio cittadino dei trasporti pubblici milanesi, finito su un binario morto con sempre meno autisti ed i cittadini esasperati per le lunghe attese dei mezzi. E in quelle di Antonino Turicchi, ex Amministratore Delegato di Fintecna SpA ed ex Presidente di Ita Airways, nominato Presidente. Se l’Aspi, controllata dallo Stato, è priva di indirizzi pubblici strategici (e di un piano di ammodernamento), figuriamoci cosa accadrà agli altri 22 concessionari pubblici, controllati da enti locali, e dai privati, controllati da costruttori e fondi d’investimento, che gestiscono il resto della rete a pedaggio di circa 2.855 km.

Ora si presenta un’altra inspiegabile novità nella greppia autostradale. Il “sempre verde” assalto alle rendite di posizione monopolistiche con la nascita di un nuovo concessionario statale, Autostrade dello Stato. Nei conflitti di potere, in seno alla maggioranza di centro destra, c’è il ritorno in massa dei nuovi boiardi di Stato. E’ sempre più evidente l’assenza di programmazione, di indirizzo e di vigilanza dello Stato concedente.

Recentemente il Ministero dell’Economia ha autorizzato un investimento complessivo di 342,5 milioni di euro per rilevare le quote di minoranza di 4 concessionarie, il 50% di Concessioni Autostradali Venete, il 35% di Autostrada Asti-Cuneo, il 32,125% della Società per il Traforo del Monte Bianco e il 31,75% della Società Traforo Autostradale del Fréjus. Si tratta di 312 km di rete di cui non si giustifica la spesa, visto che i concessionari dovrebbero essere già regolati dal MIT (Ministero Infrastrutture e Trasporti) e dall’ART (Autorità dei Trasporti).

Il progetto Autostrade dello Stato, l’anima della pseudoriforma di Salvini, non definisce i parametri che consentono una valutazione dell’entità dell’indebitamento delle concessionarie, quali siano i costi dell’ammodernamento (la stima è di 23 miliardi ma potrebbero essere molti di più) e del fabbisogno della manutenzione corrente. Resta il fatto che il settore è nel caos permanente, i pedaggi continuano a crescere, l’occupazione diminuisce e le concessioni scadute (il Brennero su tutte) hanno aperto una lotta senza quartiere di potere tra cordate pubbliche Stato, Regioni ed Enti locali, società miste pubblico private e costruttori e fondi d’investimento.

In questo caos dove nessuno pensa ai consumatori e alla sicurezza vengono avanti progetti di autostrade come la costosa ed inutile Pedemontana lombarda che prevede di assorbire e mettere a pedaggio la vecchia Milano Meda (ex SS35 dei Giovi) di circa 22 km. Oltre a questa importante via di comunicazione nella Brianza, c’è pure in atto un piano per mettere a pedaggio altri 30 km della Ospitaletto-Montichiari, la strada provinciale n 19 della bassa bresciana, a favore di Autovie Padane (gruppo Gavio).


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