Autostrade, cda al bivio tra opere e dividendi
Milano – Due visioni contrapposte sul futuro di Autostrade per l’Italia (Aspi) cominceranno a confrontarsi nei cda che avranno luogo domani. Prima quello di Hra (Holding reti autostradali), la holding che controlla l’88% di Aspi e che vede il capitale ripartito tra la Cdp (51%) e i fondi infrastrutturali Blackstone (24,5%) e Macquarie (24,5%).
Si dovrà approvare il bilancio 2024 e decidere la distribuzione del dividendo, che in passato è già stato frutto di discussioni tra gli azionisti. Il 2024 è stato un buon anno per Aspi, che secondo indiscrezioni dovrebbe aver portato a casa oltre un miliardo di utile netto. Se la distribuzione fosse pari al 75% dell’utile netto, come nell’anno passato, il beneficio per gli azionisti si avvicinerebbe agli 800 milioni.
La forte distribuzione di dividendi, però, è un argomento che turba il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, soprattutto se messo in relazione con gli investimenti nelle grandi opere. «Bisogna capire che intenzioni ha Autostrade per l’Italia (sul Passante, ndr) che parla, parla e parla da tempo, che adesso va a rinnovo e che staccherà utili e dividendi per i soci di 900 milioni di euro fra poche settimane», è l’affondo fatto dal ministro sabato scorso dai gazebi della Lega a Bologna.


E qui si entra a piedi uniti nello scontro che deve portare ad approvare il nuovo Pef (Piano economico e finanziario) quinquennale nei prossimi mesi. Nel luglio 2024 Aspi aveva presentato al ministero un piano di opere da 36 miliardi da realizzarsi tra il 2025 e il 2038, data di scadenza della concessione. Quel piano, però, senza un allungamento della concessione e finanziato tutto con i pedaggi sarebbe improponibile di fronte ai cittadini. E dunque Salvini ha chiesto alle strutture di Aspi di cercare di ottimizzarlo, dando priorità alle opere ma tenendo nel piano i due grandi interventi che da anni vengono annunciati ma mai realizzate: la Gronda di Genova e, appunto, il passante di Bologna. Visto l’aumento dei costi di costruzione degli ultimi due anni le due opere insieme costituiscono un blocco da circa 10 miliardi di investimenti, assolutamente necessarie per alleggerire il traffico e la messa in sicurezza di due snodi cruciali della viabilità italiana.


Salvini è risentito in particolare con i fondi soci di Hra che hanno fatto trapelare di avere allo studio un piano di investimenti da circa 22 miliardi, senza però includere Gronda e Passante. Basandosi su una proproga della concessione di 4 anni (fino al 2042) – che la Ue aveva già accordato nel 2018 proprio per rendere possibili quelle due gradi opere – l’onere per gli automobilisti in termini di aumento dei pedaggi sarebbe sostenibile. Al contrario, se si aggiungessero anche i 10 miliardi di Gronda e Passante si arriverebbe a circa 32 miliardi di investimenti e, per non far crescere troppo i pedaggi, bisognerebbe trattare con la Ue una proroga della concessione di 6-7 anni.
Queste sono le due diverse visioni, quella di Salvini da una parte e quella dei fondi dall’altra che si confronteranno nelle prossime settimane. E che potrebbero andare a influire anche sul rinnovo del cda di Aspi previsto con l’assemblea del 17 aprile. Intanto i soci già giovedì dovranno decidere all’unanimità (così prevede la governance) quale porzione di utile netto distribuirsi.
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