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Attacco USA agli impianti nucleari in Iran: danni a Fordow e Natanz | Il Fatto Quotidiano

Settantacinque ordigni, di cui 14 bombe GBU-57 e 30 missili Tomahawk lanciati dai sottomarini della Marina. “Abbiamo devastato il programma nucleare iraniano”, ha detto il capo del Pentagono Pete Hegseth in una conferenza stampa tenuta di primissimo mattino a Washington. Eppure la pioggia di fuoco caduta sugli impianti nucleari di Natanz, Fordow e Isfahan potrebbe non aver messo completamente fuori uso le strutture utilizzate da Teheran per l’arricchimento dell’uranio. In attesa di capire qual sarà stato il bilancio effettivo dell’operazione “Martello di mezzanotte”, le indicazioni arrivate fino a questo momento sembrano andare in questa direzione.

I danni ci sono stati e sono documentati. Un’analisi delle immagini satellitari condotta dalla Cnn ha rilevato che gli attacchi aerei Usa contro l’impianto di Fordow, costruito tra gli 80 e i 90 metri nel sottosuolo, sembrano avere lasciato sul terreno almeno sei grandi crateri, indicando l’uso di bombe di profondità “bunker buster”. Le immagini catturate dalla compagnia satellitare Maxar hanno mostrato sei crateri da impatto visibili e distinti in due punti vicini al sito. Le immagini satellitari hanno anche mostrato significativi cambiamenti nel colore del versante montuoso che ospita il sito, indicando che una vasta area era ricoperta da uno strato di cenere grigia in seguito agli attacchi. I punti di accesso ai tunnel dell’impianto sono “completamente ostruiti“, riferisce l’emittente qataraina Al Jazeera, e il sistema di difesa aerea è stato “distrutto”. Al momento, tuttavia, non è chiara l’entità dei danni alla struttura sotterranea.

Alcune ore dopo la conclusione dell’attacco, tuttavia, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha fatto sapere su X che “al momento non sono stati segnalati aumenti dei livelli di radiazioni all’esterno dei siti. L’Aiea fornirà ulteriori valutazioni sulla situazione in Iran non appena saranno disponibili nuove informazioni”. “Non sono state segnalate radiazioni intorno ai siti nucleari”, ha confermato poco dopo il portavoce dell’Agenzia statale iraniana per l’energia atomica, Behrouz Kamalvandi. “Dovrebbero sapere che questa industria ha radici nel nostro Paese e che le radici di questa industria nazionale non possono essere distrutte”, ha detto Kamalvandi, pur ammettendo che, “certo, abbiamo subito danni, ma questa non è la prima volta che l’industria subisce danni”. Ora gli sforzi per sviluppare il settore nucleare civile continueranno: “Considerando le nostre capacità, l’industria nucleare deve continuare a operare”.

Capitolo radiazioni a parte, Teheran minimizza il risultato dell’intera operazione. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Tasnim il sito di Fordow, principale impianto e simbolo stesso del programma nucleare iraniano, avrebbe subito solo danni parziali. “La situazione nella zona circostante è normale, la vita continua come al solito, non c’è nemmeno fumo o segni di incendio. I funzionari provinciali smentiscono le dichiarazioni di Trump sulla distruzione della struttura di Fordow e segnalano solo danni parziali”, riporta l’agenzia. Inoltre, secondo Hassan Abedini, vicedirettore politico dell’Islamic Republic of Iran Broadcasting (Irib), “l’Iran ha evacuato da tempo i suoi tre siti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, in previsione di un attacco esterno” e tutto il materiale nucleare sensibile “era stato rimosso dalle strutture per evitare che si verificasse un disastro nucleare”.

Sulla questione Tel Aviv ha una visione diversa. L’establishment della Difesa israeliana si ritiene soddisfatto dell’attacco e stima che l’impianto di Natanz sia stato “completamente distrutto“. Secondo l’intelligence militare, ha riferito il notiziario di Channel 12, l’uranio arricchito era immagazzinato a Natanz e Isfahan e la stragrande maggioranza non è stata portata fuori dai siti, quindi si trovava lì al momento dell’attacco: “L’attuale mancanza di notizie precise sul reale risultato dell’attacco americano agli impianti di Fordow e Isfahan deriverebbe dal fatto che entrambi i siti si trovano in profondità nel sottosuolo e non dal timore che qualcosa sia andato storto durante l’attacco. La valutazione finale dirà se il programma nucleare sia regredito o sia stato completamente annientato”.

I timori per eventuali fughe radioattive continuano. Nel primo pomeriggio, ha riferito l’agenzia di stampa Shargh, un’esplosione “imponente” è stata udita nella provincia meridionale iraniana di Bushehr, regione che ospita una centrale nucleare. La stessa agenzia ha aggiunto che due località intorno alla città sono state “attaccate dal regime sionista”. Un’altra esplosione – ha riferito – è avvenuta nella provincia centrale di Yazd. Venerdì l’Aiea aveva avvertito che un attacco diretto alla centrale nucleare di Bushehr avrebbe conseguenze “gravi”, con il potenziale rilascio di grandi quantità di radiazioni nell’ambiente.


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