Marche

Atim e gli striscioni nelle curve, il Consiglio regionale delle Marche diventa uno stadio ► I video


ANCONA Al confronto, le curve della Roma e della Lazio durante il derby sono gruppetti di boy scout. Ieri l’aula del Consiglio regionale si è trasformata in un Olimpico rivisto e corretto, con striscioni esposti nelle due ali dell’emiciclo. Per la serie: politica da stadio. Un superclassico che ha costretto il presidente dell’assemblea legislativa Dino Latini a interrompere i lavori due volte nel giro di un paio d’ore. 

Il calcio d’inizio

Il casus belli è la proposta di legge del Pd e del M5S – primo firmatario il consigliere dem Fabrizio Cesetti – per cancellare l’Atim, l’Agenzia per il Turismo finita nell’occhio del ciclone e oggetto di una relazione lacrime e sangue redatta, peraltro, da una commissione interna alla Regione voluta dal governatore Acquaroli. La pdl dell’opposizione, depositata nel lontano gennaio 2024, è rimbalzata tra aula e commissione Affari istituzionali più di una volta. Ieri era iscritta all’ordine del giorno, ma ad un punto dei lavori che difficilmente sarebbe stato raggiunto. Così, Pd e M5S tentano il blitz, chiedendo di anticiparne la discussione ma sapendo già che il centrodestra avrebbe risposto picche. Come anticipato pure nella capigruppo che precede ogni martedì i lavori d’aula. E infatti, la pattuglia di minoranza si è preparata a quest’evenienza lapalissiana, nascondendo furbescamente uno striscione sotto i banchi.

L’intoppo

Un coup de théâtre che il consigliere democrat Romano Carancini rischia di bruciare per eccesso di impazienza, lasciando intravedere il maxi foglio prima del momento X pattuito con i colleghi. Redarguito, lo ripone subito sotto il banco, ma ormai il centrodestra l’ha visto e inizia ad agitarsi e protestare. Nonostante il fuori programma, si riesce comunque a srotolare lo striscione con su scritto «Verità sull’Atim». Ne segue una schermaglia tra le due curve che costringe Latini a sospendere i lavori. Fine del primo tempo, tutti negli spogliatoi. Al rientro, l’ordine del giorno procede come da programma: un elenco infinito di interrogazioni sulla sanità – ogni Consiglio regionale per Saltamartini si trasforma in una sorta di Santa Inquisizione 5.0 – interpellanze, duelli sul ponte Garibaldi a Senigallia. Il solito menù, insomma. Ma il centrodestra mastica ancora amaro per il colpo gobbo degli avversari e medita vendetta. Lo stesso governatore Acquaroli, con fare sornione, lascia intendere che «partita finisce quando arbitro fischia», come avrebbe detto Boskov. E a finalizzare il gol del pareggio è il suo numero 10 in Consiglio: il fratello d’Italia Andrea Putzu.

Il secondo tempo

Nel giro di neanche due ore, il consigliere fa produrre uno striscione di eguali dimensioni, su cui campeggia una scritta speculare: «Vogliamo la verità sul Pd». Meno d’impatto, va detto: e infatti, gli astanti iniziano a chiedersi cosa intenda. Ma la replica si rivela comunque funzionale allo scopo. A spiegarne il senso è lo stesso Putzu nell’arringa in aula rivolta ai dem: «Dovete dire la verità, spiegare qual è il motivo per cui volete cancellare l’Atim. Volete togliere alle aziende i soldi per fare le fiere, agli imprenditori i fondi per l’internazionalizzazione. Perché è questo che fa l’Atim. Il vostro obiettivo è replicare qui il modello che tanto vi piace, quello dell’Emilia Romagna, che aumenta le tasse e la pressione fiscale». Si alzano i toni, volano insulti. I dem protestano dai loro banchi. Altra sospensione dei lavori dell’aula.

La replica

A stretto giro, il Pd risponde per le rime con la capogruppo Anna Casini: «Prendiamo atto che Atim è un argomento tabù per la giunta Acquaroli e l’intero centrodestra». Entra a gamba tesa e affonda i tacchetti: «Comprendiamo che dopo la relazione conclusiva della commissione d’indagine interna, la maggioranza provi vergogna e profondo imbarazzo, inchiodata com’è a un fallimento costato ai marchigiani 12 milioni di euro. Ma riteniamo gravissimo che, terrorizzati al solo pensiero di affrontare il dibattito in aula, i consiglieri regionali del centrodestra abbiano respinto la nostra richiesta di discutere la proposta di legge». Il triplice fischio dell’arbitro sancisce la fine della partita. Poi tutti al bar dello sport. Pardon: del Consiglio.




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