Marche

Ascoli, nella villa blindata del boss Marino venivano gestiti chili di droga che fruttavano 60mila euro al mese

ASCOLI Maxi operazione antidroga della Polizia di Stato che ha eseguito ieri all’alba 14 misure cautelari (12 in carcere e 2 arresti domiciliari) per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti tra le province di Ascoli e Teramo. Smantellato un pericoloso clan che, secondo le indagini della squadra mobile della Questura di Ascoli Piceno e Sisco, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Ancona, sarebbe legata alla ‘ndrangheta grazie al suo capo: Vincenzo Marino, 50 anni, calabrese detto “lo zio”. Di qui, il nome dell’operazione, “Grandsons 2”.

I reati

I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, con uso e disponibilità di armi da fuoco e da guerra. Vincenzo Marino, in passato legato alla ‘ndrangheta e in particolare ai clan Vrenna, Corigliano e Bonaventura delle zone di Catanzaro e Crotone, pregiudicato per reati gravi come associazione a delinquere di stampo mafioso, era già in carcere recluso a Marino del Tronto e condannato per traffico di stupefacenti, ricettazione ed evasione. Da anni viveva a Porto d’Ascoli. In passato era stato recluso anche nel carcere di Teramo e di Ferrara, per altri reati tra cui tentato omicidio. Ma la reclusione non aveva mai fermato la sua attività di controllo dello spaccio sul territorio, che continuava usando apparati telefonici. Aveva la disponibilità di armi (persino una bomba a mano) che utilizzava per intimidazioni non solo nei riguardi dei concorrenti nel mercato della droga, ma anche verso suoi stessi sodali e chiunque volesse provare a sfidarlo. «L’indagine è nata anche con il contributo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro-Direzione Distrettuale Antimafia – spiega il Procuratore capo della Repubblica di Ancona, Monica Garulli – nell’ambito di una parallela attività investigativa. I fatti di reato dei due procedimenti penali sono stati convogliati alla Procura Distrettuale Antimafia di Ancona, essendo emersa l’esistenza di un gruppo criminale stabile e organizzato diretto dal principale indagato. La base logistica e operativa era proprio nella sua abitazione, non distante dalla strada salaria. Un’immobile costruito abusivamente con leoni e mosaici all’ingresso, simbolo del potere dell’organizzazione».

Il sequestro

Oggetto di sequestro, lì avvenivano l’acquisto, il trasporto, il taglio e confezionamento, poi l’immissione sul mercato della droga. In media venivano movimentati tre chili tra cocaina, eroina e hashish al mese. Droga che arrivava purissima dall’Albania, ma anche dal nord e sud Italia e che una volta tagliata con gli additivi, avrebbe fruttato una media di 60mila euro al mese.

La villa

La villa era dotata di un sofisticato sistema di videosorveglianza, rafforzato quando era previsto l’arrivo dei carichi di droga, dalla presenza di sodali posti all’ingresso per evitare sgraditi blitz delle forze dell’ordine o di pusher rivali. «Uno scenario particolarmente inquietante – aggiunge il procuratore – non solo per i metodi di intimidazione usati dal principale indiziato, tipici della sua provenienza criminale, ma anche il sodalizio con soggetti albanesi dediti all’approvvigionamento di grandi quantità di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina. L’organizzazione, con a capo il calabrese, aveva assunto la fisionomia di un clan, che attraverso l’utilizzo di armi, violenza e ritorsioni, stava conquistando il mercato della droga nella provincia picena, in particolare, nella zona costiera.




Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »