Emilia Romagna

Approfondite tempi e modalità dei soccorsi


Vogliono la verità a tutti i costi i familiari di Luca Perazzini e Cristian Gualdi, i due alpinisti santarcangiolesi morti sul Gran Sasso a ridosso dello scorso Natale, e dopo essersi affidati agli avvocati Francesca Giovanetti e Luca Greco del Foro di Rimini hanno integrato il loro esposto che ha fatto aprire un’inchiesta della Procura di Teramo. L’obiettivo è quello di approfondire tempi e modalità con cui, il 22 dicembre, è partita la macchina dei soccorsi in seguito alla richiesta di aiuto del 42enne e del 48enne scivolati in un canalone a quota 2700 metri e poi rimasti bloccati dall’arrivo di una tormenta di neve andata avanti per una settimana rendendo impossibile ai soccorritori raggiungerli. Solo il 27 dicembre, col migliorare delle condizioni meteo, i due escursionisti erano stati ritrovati senza vita.

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Nell’integrazione all’esposto, depositata nei giorni scorsi, i legali chiedono di fare luce se fosse stato possibile al momento del primo allarme fare intervenire l’elicottero HH-101A “Caesar”, in dotazione all’Aeronautica Militare, in grado di operare 24 ore su 24 e di poter volare anche in condizioni meteo critiche. L’intenzione dei parenti delle vittime è quella di capire se i responsabili dell’operazione di ricerca e salvataggio degli escursionisti avessero potuto attivare questa opzione dal momento che, secondo i legali di Perazzini e Gualdi, la posizione dei due alpinisti era nota ai soccorritori grazie alle coordinate fornite dal gps di Gualdi e comunicate nel corso del primo allarme al 112 lanciato alle 14.56 del 22 dicembre prima dell’arrivo della tormenta di neve.

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La situazione era poi precipitata, col maltempo che aveva flagellato il Gran Sasso e la colonnina di mercurio precipitata a 20 gradi sotto zero. In tutto i santarcangiolesi avevano effettuato 17 telefonate per rimanere in contatto coi soccorritori, l’ultima alle 18.56, nel corso della quale, come riferiva il comunicato, uno degli alpinisti “aveva serie difficoltà di parola” e secondo gli esperti del Soccorso Alpino ciò rappresentava un chiaro segnale di assideramento. I successivi tentativi di contattarli erano andati tutti a vuoto e, nella giornata del 23 dicembre con il meteo in ulteriore peggioramento, gli stessi soccorritori erano rimasti bloccati in alta quota con le operazioni di ricerca che erano state sospese.


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