>>>ANSA/ Piano per dividere Gaza. Arriva anche l’incubo piogge – Altre news
(di Michele Esposito)
L’inverno è alle porte e una
Gaza martellata dai nubifragi mostra tutte le sue ferite. Non
cessa l’allarme per la situazione sul terreno nella Striscia,
mentre a livello diplomatico gli Stati Uniti si apprestano a
presentare la loro risoluzione al Consiglio di Sicurezza
dell’Onu previsto per lunedì. Sono giorni decisivi per il futuro
di Gaza e, all’orizzonte, acquista via via più concretezza la
prospettiva di una sua divisione a metà: una parte sotto il
controllo dell’Idf, un’altra sotto quello di Hamas, a
determinate condizioni. Di questo, probabilmente, l’inviato di
Donald Trump Steve Witkoff parlerà con uno dei leader
dell’organizzazione islamica, Khalil al-Hayya.
Non è la prima volta che i due si parlano. E, secondo le
ricostruzioni dei media internazionali, il loro rapporto – e
soprattutto il fatto di essere entrambi accomunati dalla perdita
di un figlio – è stato uno dei fattori iniziali determinanti per
arrivare alla pace di Sharm el-Sheikh. Ora gli Stati Uniti
tornano a parlare con la controparte araba, consapevoli che
senza il loro placet la stabilità di Gaza e dell’intera regione
non potrà mai concretizzarsi. L’idea di dividere la Striscia in
due parti non piace a tutti, in Medio Oriente. Non piace
certamente all’Egitto, che si è esposto in una dichiarazione
pubblica a riguardo. Chi invece non ha ancora detto la sua è
Mohammed bin Salman, atteso a Washington la prossima settimana
in un vertice con Trump che avrà diverse angolature: dal futuro
degli accordi di Abramo ai multi-miliardari accordi economici
tra Usa e Araba Saudita. MBS si presenterà oltre Oceano con la
richiesta di comprare gli F-35 statunitensi. “Vogliono
acquistare molti F-35, ma in realtà vogliono acquistare più di
questo, aerei da combattimento”, ha spiegato Trump. Il primo
appuntamento chiave, in ogni caso, resta il Consiglio di
Sicurezza di lunedì.
All’interno del Palazzo di Vetro la diplomazia è al lavoro:
stando ad indiscrezioni filtrate dai media gli Usa starebbero
cercando il placet della Russia per la loro risoluzione in una
partita a scacchi dove Mosca starebbe facendo le sue mosse con
un occhio anche ai territori occupati dell’Ucraina. E non è
escluso che l’appuntamento di lunedì a New York sia stato tra i
temi della telefonata avvenuta nel pomeriggio tra Benjamin
Netanyahu e Vladimir Putin. Nel colloquio si è parlato anche di
Iran nel giorno in cui Teheran è tornata ad un’azione ostile
contro l’Occidente, sequestrando una petroliera battente
bandiera delle Isole Marshall.
Il premier israeliano, in questi giorni, appare un po’ fuori
dal fulcro della rete diplomatica per il futuro di Gaza. Mentre,
sul terreno, sebbene la tregua nella Striscia appaia reggere nel
suo complesso, l’Idf continua a sparare. L’artiglieria
israeliana, secondo l’agenzia palestinese Wafa, ha bombardato la
parte orientale di Gaza City, mentre un drone avrebbe sparato
sul campo profughi di Jabalia. Ma è l’aspetto umanitario ad
allarmare maggiormente la comunità internazionale. E neppure il
meteo sembra avere pietà della popolazione civile. Forti piogge
in questi giorni hanno allagato migliaia di tende dove hanno
trovato rifugio le famiglie di sfollati, bagnando abiti, cibo e
i pochi beni rimasti, rendendo ancora più difficili le loro
condizioni. Il 92% degli edifici di Gaza non è abitabile. Ed è
per questo che l’arrivo dell’inverno è visto con enorme
preoccupazione dall’Onu. “Migliaia di famiglie sfollate sono ora
completamente esposte a condizioni meteorologiche avverse, il
che aumenta le preoccupazioni relative alla salute e alla
protezione”, hanno messo in guardia le Nazioni Unite. Mentre, da
Bruxelles, il vice commissario generale dell’Unrwa Natalie
Boucly, è tornato a puntare il dito contro Netanyahu. “Israele
sta violando il diritto internazionale continuando a imporre
restrizioni ai flussi di aiuti verso Gaza, dove la popolazione
continua a soffrire di una grave carenza di cibo e beni di prima
necessità con l’arrivo dell’inverno”, ha sottolineato.
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