>ANSA-FOCUS/ Allarme in Ue, ‘rischiamo di restare schiacciati’ – Altre news
(di Michele Esposito e Mattia Bagnoli)
Avvolta in un cielo invernale e
bianco, Bruxelles ha assistito al primo discorso da presidente
di Donald Trump come dinanzi ad un fosco copione già scritto.
Dal Green Deal ai dazi fino alla stessa solidità politica dei
movimenti pro-Ue, il ciclone Trump rischia di travolgere tutto.
E dalle parti dei vertici Ue si guarda con crescente
preoccupazione alle elezioni tedesche del 23 febbraio e,
soprattutto, alla scalata dell’estrema destra dell’AfD, aiutata
dalle continue ingerenze di Elon Musk.
Ursula von der Leyen, Antonio Costa, Roberta Metsola e Kaja
Kallas si sono precipitati a sottolineare su X la crucialità del
legame transatlantico, scegliendo di sorvolare sulle parole di
Trump, che ha confermato la volontà di imporre dazi commerciali
e ha annunciato la fine – o quasi – delle politiche green. Ed è
per questo che, al di là dell’apparente indifferenza, in Ue si
lavora già alle contromisure. “Di fronte all’imprevedibilità
americana serve più azione, più responsabilità”, è il mantra che
circola nelle cancellerie europee.
A Bruxelles sono convinti che, di fronte al nemico cinese,
Washington abbia bisogno dell’Ue anche nel commercio. Non a caso
la Commissione ha scelto la linea dura con Pechino. L’ultimo
atto è stata la richiesta di consultazioni al Wto contro
“pratiche sleali e illegali” della Cina sulla proprietà
intellettuale. Potrà bastare? “L’Ue e la Francia rischiano di
restare schiacciati”, ha ammesso il primo ministro francese
Francois Bayrou. Mentre il suo connazionale, il vicepresidente
della Commissione Stephane Sejourné, di fronte al fatto che
Giorgia Meloni sia stata l’unica leader Ue presente nella
Rotonda del Campidoglio, non si è scomposto ma ha avvertito: “I
dazi colpiscono tutti, anche l’Italia. L’Ue deve parlare con una
voce sola”.
Il dossier dazi è strettamente legato a quello della difesa,
e in Ue c’è chi spera che, venendogli incontro sull’aumento dei
fondi per la Nato, l’ira di Trump possa attenuarsi. Il 5%
indicato dal presidente americano è un numero irreale, semmai
una strategia negoziale. Al momento gli alleati stanno
negoziando ferocemente e il 3% poteva essere un buon punto di
caduta (Trump non è il solo a chiedere un maggior impegno: la
Polonia già viaggia intorno al 4,7% del Pil e la Lituania ha
promesso un esborso). “Metteremo il turbo alle spese sulla
difesa”, ha sottolineato il segretario generale dell’Alleanza
Mark Rutte.
Ma oltre ai quattrini c’è di più. Il futuro dell’Ucraina, ad
esempio. La Nato ha appena avviato in Germania il comando per la
gestione degli aiuti e dell’addestramento. Sopravviverà? E che
ne sarà del suo percorso di adesione all’Alleanza? Infine, il
rapporto con la Russia. Un accordo Putin-Trump sull’architettura
della sicurezza europea senza coinvolgere Bruxelles (o Kiev)
svuoterebbe di senso la Nato, che resterebbe in piedi come mero
market place per l’industria bellica Usa. “Le nazioni si
preparano ad un mondo post-europeo”, avvertiva un editoriale del
Wall Street Journal ad una manciata d’ore dall’inizio dell’era
Trump.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
Source link