Società

Annalisa Dominoni: «Ecco com’è abitare nello Spazio»

È la prima volta che accade: che la Capitale europea della cultura diventi transfrontaliera, che sia una, ma in realtà siano due. Gorizia e Nova Gorica insieme. E il Festival internazionale èStoria, che da ventun anni si svolge proprio a Gorizia, quest’anno, per sottolineare questo importante traguardo, dedica gli interventi alle città nella Storia, ma anche nel presente e nel futuro.

«Questa XXI edizione», spiega il direttore del Festival, Adriano Ossola, «non poteva che intrecciare la peculiarità della storia goriziana con quella delle altre città del mondo di cui si occuperà, da Uruk a Gaza, da Babilonia a Kiev, da Atene a New York. Il programma della manifestazione offre quindi occasioni di riflessione sui luoghi che sono tuttora la vera forza motrice della civilizzazione umana, crogiolo di progettazioni politiche, laboratori di carattere urbanistico, sociale, economico, in cui la società cerca una vita protetta dai pericoli incombenti, dalla fame e dalle calamità, ma che hanno bisogno di trovare costanti adattamenti ai sempre più rapidi cambiamenti sociali ed ecologici».

E così, dal 26 maggio all’1 giugno, illustri storici ed esperti del panorama internazionale fanno il punto su quello che il passato ci ha insegnato e su quello che il futuro è pronto a mostrarci.

Tra i tanti ospiti anche c’è anche Annalisa Dominoni, che, altroché di futuro, parla di Luna, di pianeti, di ipotesi abitative e di progetti lontani ma possibili. Docente di Architettura e Design per lo Spazio al Politecnico di Milano, ha sviluppato progetti di habitat extraterrestri e disegnato oggetti per migliorare il benessere degli astronauti. Ed è a lei che abbiamo chiesto di queste città spaziali, dove chissà se mai abiteremo.

L’intervista ad Annalisa Dominoni

Ma abitare nello Spazio è un’idea lontana o una cosa possibile già oggi?
«In realtà stiamo già abitando nello Spazio, questa è una realtà: c’è una stazione spaziale dal 1998, che è da tempo una casa per gli astronauti. Questa stazione, dopo 30 anni di onorato servizio, verrà dismessa, ma il prossimo progetto è già in costruzione. Intanto è al lavoro Thales Alenia Space, un’eccellenza italiana di Torino che si occupa proprio della progettazione dei moduli abitabili pressurizzati e sta costruendo la prima stazione che orbiterà intorno alla Luna. Quello sarà poi l’avamposto per spingerci oltre, verso Marte. Detto ciò, possiamo immaginare il futuro anche a salti quantici: chissà che progressi farà la tecnologia, con che velocità. Non è detto che si faccia un passo alla volta, si possono fare salti incredibili. Lo spirito dell’essere umano è sempre stato pionieristico e non mi immagino che ci fermeremo. Dire quando saremo dove è decisamente difficile perché ci sono in gioco tante questioni, a cominciare da quelle geopolitiche e da quelle economiche: bisognerà capire dove si vorranno investire le risorse e i finanziamenti».

C’è un dibattito aperto: c’è chi dice che investire sullo Spazio sia in fondo un prezioso investimento sulla Terra e chi invece sostiene che sia un togliere risorse alle problematiche più quotidiane…
«In realtà la Stazione Spaziale Internazionale è nata proprio con l’intento di essere il primo laboratorio congiunto di tante nazioni dove fare appunto esperimenti scientifici che poi possano avere ricadute importanti nella nostra la vita in tutti i giorni. Spesso nemmeno si sa, ma tantissime innovazioni sono nate nello Spazio, a cominciare dai sistemi satellitari che tutti usiamo sui nostri smartphone. Lo Spazio è un luogo estremo e come tale è un campo perfetto per fare dei test. Lì vengono estremizzati tanti processi, pure quelli fisiologici: l’abbiamo visto con l’astronauta Suni Williams che, dopo 288 giorni, è tornata con segni di invecchiamento accelerato. Gli scienziati hanno la possibilità di osservare i fenomeni che necessiterebbero di più tempo in un periodo molto ristretto. Quello che lo Spazio può darci è davvero tantissimo».


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