Angela Celentano, per la pista turca altri 120 giorni di indagini. La decisione del gip e la reazione della famiglia
Ancora una proroga indagini, dopo quella concessa ad agosto, nell’ambito delle indagini sulla scomparsa di Angela Celentano, la bimba di tre anni di cui si sono perse le tracce nel 1996 mentre era con la famiglia sul Monte Faito. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto altri 120 giorni sulla cosiddetta “pista turca” su a più riprese si sono concentrati gli inquirenti purtroppo senza ottenere risultati a partire del 2010. L’informazione sulla proroga viene appresa dai genitori di Angela – Catello Celentano e Maria Staiano – dai media e non dal giudice al quale, attraverso il loro legale, l’avvocato Ferrandino, hanno deciso di manifestare con una lettera il loro disappunto. “Ancora una volta apprendiamo dai mezzi di informazione notizie che attengono alle indagini relative alle ricerche in Turchia di Angela”, scrive Ferrandino.
“È di poche ore fa la notizia che Lei avrebbe concesso un’ulteriore proroga di 120 giorni per l’espletamento di indagini suppletive in Turchia. Nei suddetti articoli si legge un virgolettato che viene ripreso dal suo provvedimento di proroga ‘nonostante il sollecito del ministero di Giustizia Italiano nulla è pervenuto dalla Turchia. “I signori Celentano, mio tramite – si legge nella nota del legale – sono a chiederle informazioni in merito alla veridicità di tale notizia fatta circolare sulla stampa e la invitano ad avviare un indagine volta ad individuare il responsabile della diffusione del contenuto del suo provvedimento”. “Catello Celentano e Maria Staiano – continua Ferrandino – seppure grati per la tenacia della magistratura nel proseguire le ricerche della figlia, sono a chiederle per il futuro di avere la sensibilità, per due genitori che cercano la figlia da quasi trent’anni, di comunicare agli stessi lo stato delle indagine, al fine di evitare l’imbarazzo ed il dolore di apprendere la notizia dai media”.
Sono state molte le piste seguite dagli inquirenti. Prima quella, suggerita da un testimone, interna alla comunità stessa, poi quella sudamericana e infine a riaccendere le speranze è arrivata Vincenza Trentinella, una donna che nel 2009 sostenne di aver saputo che Angela era stata portata in Turchia, a Buyukada. Lo aveva appreso, disse, da un prete: tale don Augusto che avrebbe ricevuto a sua volta la confessione di una persona. Trentinella, dopo la morte del parroco, andò da sola in Turchia per fare la sua ricerca. Al suo ritorno diede un identikit e il nome del padre adottivo di Angela ai magistrati italiani. Disse che Angela viveva sul piccolissimo isolotto turco di Buyukada insieme ad un uomo che credeva fosse suo padre. Un uomo con una cicatrice sul volto di nome Fahfi Bey, professione veterinario. Per quanto surreale sia questa ipotesi, i dati forniti dalla signora Trentinella permisero di identificare quest’uomo e di interrogarlo. Sul volto, però, non aveva nessuna cicatrice e non ha mai conosciuto la signora Trentinella. Poi purtroppo più nulla è pervenuto dalla Turchia, nessuna notizia, nonostante i solleciti del sostituto procuratore al ministero della Giustizia.
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