Trentino Alto Adige/Suedtirol

Ancora vandalismi contro le sculture di Martalar: colpito il Leone alato – CRONACA



In località Fratta di Tarzo ignoti hanno vandalizzato ripetutamente, fino a spezzargli la coda, il gigantesco Leone alato creato dallo scultore Marco Martalar con tralci di vite e il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, fino a spezzargli la coda.

Siamo nella pedemontana, estremo nord della provincia di Treviso, poco sotto la prima dorsale prealpina che segna l’inizio della provincia di Belluno.

Martalar, artista dell’altopiano di Asiago, è noto anche per diverse opere iconiche realizzate sui monti trentini, una delle quali, il Drago di Vaia a Lavarone, fu distrutta da un rogo e poi rifatta. Celebre anche la Lupa di Vaia realizzata nel Lagorai, a Vetriolo.




La scultura di Tarzo era stata inaugurata il 6 agosto scorso, in occasione del sesto anniversario dell’iscrizione delle Colline del Prosecco nel registro Unesco dei patrimoni dell’Umanità.

«Quando mi viene chiesto quanto durano le mie opere – scrive in Facebook lo scultore riferendosi all’increscioso episodio – rispondo che il problema non è il tempo, il meteo ,la neve ,il vento , il problema sono le persone che non hanno rispetto. Si può  fare una foto anche senza salirici o attaccarsi.

Il divieto di non toccare serve proprio a tutelare l’opera, ma sembra sempre che ci sia sempre  categoria umana del io posso io ho diritto! Se andate a visitare le mie opere è perché sono libere non c’è biglietto, sono pubbliche, sono di tutti, appartengono alla comunità: bisogna averne cura e amarle.

È come per la natura una montagna un bosco un lago un sentiero bisogna avere rispetto, la bellezza è spesso fragile e siamo noi a doverla proteggere.  Volevo anche dire che comunque queste opere sono tutte videosorvegliate».

Particolarmente dura la reazione al fatto da parte del presidente del Veneto, Luca Zaia: «Quello che è accaduto a Tarzo è un gesto vile che ferisce non solo un’opera d’arte, ma l’anima stessa del nostro popolo. Il Leone alato di Martalar non è un semplice simbolo: è la rappresentazione della nostra storia millenaria, della nostra identità, della fierezza e della dignità dei Veneti.

Chi ha osato colpirlo non ha colpito un pezzo di legno, ma ha inferto un’offesa a tutti noi, alle nostre radici, ai nostri valori. Non posso liquidare questo gesto come una semplice bravata: non si tratta soltanto di un danno a una scultura, ma di un’offesa a un simbolo che rappresenta il cuore della nostra identità veneta», scrive.




Nell’agosto 2023 fu distrutto da un rogo doloso il Drago Vaia, realizzato da Martalar a Lavarone in località Magré, meta di migliaia di visitatori. L’artista ha successivamente ricostruito l’opera che fu nuovamente inaugurata nel luglio 2023.

La scultura di Tarzo è realizzata con oltre 3.000 pezzi di radici di alberi abbattuti dalla tempesta Vaia: è il leone in legno più grande al mondo, con un’altezza di oltre 7 metri e una lunghezza di 10.

«L’opera – si legge nella presentazione ufficiale – incarna i valori di forza, protezione e giustizia della Serenissima Repubblica. Da sempre emblema identitario della città lagunare e dell’intero Veneto, il leone alato è legato non solo alla figura di San Marco, patrono di Venezia, ma anche alla tradizione culturale della regione. Non a caso, è l’elemento centrale della bandiera, prima della Serenissima e oggi del Veneto.

La tempesta Vaia del 2018, che ha colpito le Alpi e vaste aree del Nord Italia, ha lasciato una profonda ferita nel paesaggio e nelle comunità locali.

L’artista Marco Martalar ha scelto di recuperare i legni schiantati, trasformandoli in un’opera che crea un ponte tra passato e presente: ciò che era distrutto rinasce come simbolo di resilienza e speranza.

Per rafforzare il legame con il territorio, l’artista ha utilizzato legname di scarto proveniente dalle vigne delle Colline Patrimonio dell’Umanità per realizzare la criniera del leone, generando così una fusione simbolica tra natura e cultura locale.

Quest’opera è anche una riflessione sulla fragilità della natura e sulla necessità di proteggerla. L’uso di materiali provenienti dalla devastazione richiama l’idea che anche dalla distruzione possa nascere qualcosa di straordinario e potente. La scultura attiva un dialogo tra antico e contemporaneo, ridando vita a un simbolo tradizionale in un contesto di forte rilevanza ambientale e sociale.

In questo senso, il leone alato diventa emblema di adattamento, capace di affrontare le sfide del presente, tra cui i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. La sua presenza richiama la forza rigeneratrice della natura e del paesaggio.

L’opera, collocata nel comune di Tarzo, è stata voluta e commissionata dall’associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene».

[foto tratte dal profilo Fb di Marco Martalar]




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