Ancona, Facoltà di Medicina senza i test fioccano le polemiche: «La grande trappola»
ANCONA «Non chiamatela abolizione del numero chiuso. Si tratta soltanto di un posticipo a dicembre, che nuoce agli studenti e mette in difficoltà le università». La nuova modalità di accesso alla facoltà di Medicina, che prevede la sostituzione del test d’ingresso con un semestre filtro aperto a tutti, al termine del quale gli iscritti dovranno sostenere obbligatoriamente tre esami su materie fondamentali come Chimica, Fisica e Biologia, i cui esiti determineranno l’accesso definitivo al corso di laurea, non piace affatto a Mauro Silvestrini, preside di Medicina all’Università Politecnica delle Marche.
L’allarme
Innanzitutto perché creerà grossi problemi agli stessi studenti. «Se prima chi superava il test era certo di poter frequentare il corso di laurea per tutta la sua durata – mette in evidenza il preside -, ora gli iscritti al primo anno rischiano di ritrovarsi fuori dopo sei mesi».
Infatti, in base alla votazione ottenuta nei primi tre esami, verrà stilata una graduatoria nazionale che stabilirà chi potrà proseguire gli studi e chi no.
«La cosa assurda è che il numero sarà più o meno il medesimo di coloro che venivano ammessi tramite il test d’ingresso» dice Silvestrini. Tutti gli altri, dopo aver fatto la bocca a Medicina, dovranno invece per forza iscriversi ad un’altra facoltà, a corsi già iniziati e con grosse difficoltà da parte di chi li dovrà accogliere, perché alcune di questa facoltà saranno ancora a numero chiuso.
Le incongruenze
Tra l’altro, secondo il preside, così facendo il primo semestre si trasformerà da periodo di formazione a gara senza esclusione di colpi, durante la quale gli studenti cercheranno semplicemente di farsi le scarpe l’un l’altro. Dopodiché c’è la complessità di fare una didattica adeguata con un numero imprecisato di studenti. «Negli ultimi 5-6 anni l’Univpm ha profuso un sforzo incredibile, triplicando il numero di posti disponibili a Medicina, che ora sono 350, ma il prossimo anno ci troveremo a dover gestire mille o forse duemila matricole. E questo con lo stesso identico numero di docenti, perché non sono state messe a disposizione risorse sufficienti».
Inoltre c’è il problema di dove collocare così tante persone, poiché nessuna aula ha la capienza necessaria. «Il Ministero ha dato varie opzioni – spiega il preside – dalla didattica mista, a quella a distanza, fino alle aule a specchio, vicine e videocollegate tra di loro. Però non tutte le modalità hanno la stessa efficacia. Per questo e dal momento che la graduatoria è nazionale, abbiamo istituito un tavolo con tutti i presidi delle facoltà di Medicina per stabilire una modalità uguale per tutti. Solo che gli spazi che ha a disposizione la Sapienza non sono gli stessi che abbiamo noi o l’università di Chieti». Infine c’è la questione dell’uniformità dei programmi. Un qualcosa non proprio in linea, sostiene Silvestrini, con il concetto di autonomia didattica delle facoltà.