Alla scoperta della Val Maira più nascosta
Alcune zone della media Val Maira sono tuttora ai margini del turismo, anche di quello green, e a volte si cammina per ore senza incontrare nessuno. Guardando la cartina, nel breve vallone laterale del Cumbal Moschieres che raggiunge il fondovalle vicino a Dronero, mi avevano incuriosito tre cime di cui non avevo mai sentito parlare. Due sono sulla sinistra idrografica, la Costa del Vallone (1291 m) e il monte Tejè (o Teje, 1546 m), una è sulla destra, il monte Siria (1255 m). Quasi sconosciute sì, ma tutte e tre con più di cento metri di prominenza!
Le mie salite
Così a metà maggio di quest’anno sono arrivato in auto fino al piccolo gruppo di case di Falcone, raggiunto da una stradina asfaltata che lo collega con il fondovalle. Di lì sono salito a piedi al colle Teje su un ampio sentiero e poi, seguendo per tracce di passaggio il crinale boscoso che divide il Cumbal Moschieres dalla valle principale, sono arrivato in cima alla Costa del Vallone , dalla quale il panorama è quasi nullo perché gli alberi ammantano completamente la montagna. Tornato al colle mi sono diretto verso il monte Teje, sempre seguendo il crinale. Su gulliver.it avevo visto una sintetica descrizione di questo itinerario, dove si dice che il crinale è percorribile senza troppi problemi. In effetti non ci sono tratti difficili, ma le tracce sono davvero vaghe e, nei tratti più ripidi, fa piacere avere gli alberi a disposizione per aiutarsi nella salita. Sulla cima del Monte Teje si trova una alta croce metallica e c’è anche il classico quaderno di vetta, per segnalare eventualmente il proprio passaggio. Il panorama verso nord è bloccato anche qui dagli alberi, ma a sud e a est la vista si apre sulla pianura e sul crinale Maira-Grana, offrendo un punto di vista piuttosto inedito. Dalla cima sono sceso per un sentierino, questa volta evidente e ben tracciato, fino al colletto di Santa Margherita. Poco prima del punto di valico mi sono trovato a fianco di una sorta di piccolo santuario laico, dedicato ai partigiani di Giustizia e Libertà che lottarono contro il fascismo in questa zona. Parafrasando il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, che si era trovato suo malgrado a combattere in una formazione comunista, il “settore giusto della parte giusta”. Anche se naturalmente nessuno è obbligato a pensarla come lui. Dal colle sono tornato a Falcone per una stradina asfaltata, panoramica e ben soleggiata, che taglia il vallone a mezzacosta e che è tutt’altro che spiacevole da percorrere. Piccolo appunto: la zona (come ormai molte altre) in primavera è affollata di zecche ,che non sono riuscite a mordermi giusto perché avevo i pantaloni lunghi. In autunno ed in inverno non dovrebbero più essere un problema. Prima di tornare a casa il collezionista di cime che è in me mi ha suggerito un supplemento alla gita appena fatta: la conquista del Monte Siria . Sono sceso in auto fino a Ruà del Prato, la frazione principale del vallone, e di lì seguendo una stradina forestale sono arrivato fino al colletto a sud del monte e poi, per bosco, fino in cima. La “vetta” è segnalata da un piccolo ometto in pietrame. Il bosco che ricopre la montagna l’ho trovato abbastanza rovinato da tagli recenti, e ad essere del tutto onesti questa terza salita – da un punto di vista escursionistico – non è stata il massimo. Ma un collezionista è un collezionista, e il proverbio dice che “non c’è due senza il tre”.
Croci, fortezze, ometti
Le cime di monti e colline non interessano solo ai collezionisti, e varie altre categorie umane nel tempo si sono appassionate a questi luoghi: mistici, prelati, militari, topografi, patrioti, impresari edili …. Molti di loro si sono anche premurati di costruire manufatti sulle cime dove mettevano le mani. Una volta tanto, almeno in Italia, l’impatto maggiore sul territorio non è stato del business ma della religione. Forse sulla scia dell’Antico Testamento, che condanna senza appello l’adorazione degli idoli sui monti, moltissime delle nostre cime sono state nei secoli dotate di croci, statue, piloni votivi, cappelle e in alcuni casi anche di grandi santuari. Queste costruzioni sono ormai storicizzate e anche vari anticlericali se ne sono fatta una ragione. Restano comunque una corrente catto-montanara, che vorrebbe proseguire con la “cristianizzazione dei monti”, e una frangia di mangiapreti, che gradirebbe invece liberare le cime dal “colonialismo religioso”. Da qualche anno in Piemonte, in alternativa alle classiche croci metalliche o in cemento armato, messe lì per sfidare i secoli e le intemperie, sono iniziate a comparire le bandierine da preghiera buddiste, e l’impermanenza di questi pezzettini di stoffa colorati mossi dal vento contrasta in modo singolare con la permanenza dei simboli religiosi a cui eravamo abituati. Sulle cime di valore strategico, di solito presso i confini nazionali o a guardia di passaggi o luoghi importanti, i militari non si sono tirati indietro: qui si tratta di torri, castelli, impianti radar, garitte, bunker, piazzole per l’artiglieria e anche di grandi fortezze, l’equivalente bellico del santuario montano. I topografi, anche loro professionalmente interessati alle cime, si limitano invece a costruire piloncini o cippi sui quali fissare le placche metalliche di riferimento per le loro misurazioni. Non così diffusi in Italia questi manufatti sono invece ad esempio quasi onnipresenti sui rilievi britannici, sotto forma di tronchi di piramide, o su quelli greci, dove prendono la forma di cilindri di cemento zigrinati. Il manufatto principe di noi escursionisti è invece l’ometto in pietrame . Umile pila di sassi accatastati, che condivide con il buddismo l’impermanenza e con i riferimenti topografici la laicità e l’interesse centrato solo sulla localizzazione dell’ometto stesso.
Tracce gpx degli itinerari:
Monti Costa del Vallone e Tejè
Cartina consigliata:
Fraternali editore: Carta dei sentieri e stradale scala 1:25.000 n. 12 Bassa Val Varaita – Bassa Val Maira
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