Alessandria, uno sguardo alternativo sul Mediterraneo
Sedie rosse e tavolini di plastica in equilibrio su enormi frangiflutti di cemento lambiti dalle onde. Un caffè mazboot (alla lettera: giusto, con mezzo cucchiaino di zucchero), un succo di mango e, per chi osa, anche un gelato: Azza, del resto, è una delle più famose insegne di gelaterie della città. Così ci si gode una giornata di sole dall’altra parte del Mediterraneo, ad Alessandria d’Egitto, città-tributo al Grande Alessandro, culla della cultura ellenistica, sede di una delle sette meraviglie del mondo antico (il Faro, andato perduto), seconda metropoli del Paese per popolazione. E al primo sguardo, che corre dalla Fortezza Qaitbay lungo la Corniche che si incurva in una baia chiusa da un molo, ha molto più in comune con una città del Sud Italia che con Il Cairo.
Crocevia di culture e nazionalità
La grandezza di Alessandria, Al-Iskandreia per gli egiziani, si legge nella sua storia: fondata nel 331 a.C da Alessandro Magno doveva rappresentare il punto di apertura dell’Egitto verso nuovi porti (letteralmente) e di conseguenza nuove culture. Fu Tolomeo a voler raccogliere in una grande istituzione tutti i libri e tutti gli strumenti scientifici necessari ad attrarre studiosi da tutto il mondo: il Museo e la Biblioteca, la più grande raccolta di libri del mondo antico anch’essa andata perduta, contribuirono a fare della città una vera capitale della cultura. E, facendo un salto decisamente in avanti – passando oltre i Mamelucchi, l’Impero Ottomano, le campagne militari napoleoniche e il sultanato di Muhammad Ali – fino al secondo dopoguerra una città unica nel suo essere multiculturale. Ricercata nelle architetture Art Déco e barocche, elegante e internazionale, negli anni Venti e Trenta del Novecento ha vissuto la sua epoca d’oro: ha dato i natali ad artisti, attori e registi, come Omar Sharif e Youssef Chahine; ospitava, come racconta André Aciman in «Ultima notte ad Alessandria» (Guanda, 2009) comunità di expat, molti dei quali ebrei, provenienti dalla Turchia e anche dall’Italia o ancora dalla Siria o dalla Spagna, che conversavano in greco o in francese, e poi scuole internazionali e istituzioni prestigiose. Oggi Alessandria mantiene quella vivacità caotica, unita all’atmosfera vibrante che hanno le città di mare, e ha una dimensione turistica molto locale: messa a confronto con una Cairo che negli ultimi anni ha potenziato la propria attrattività all’estero anche per ragioni economiche, Alessandria è la meta perfetta per i weekend di primavera, prima che il Sahel – la costa Mediterranea – si riempia nella stagione estiva. In città ci sono alcune grandi insegne dell’hotellerie: Four Seasons, Hilton, Steigenberger. Ma per un’esperienza più pittoresca e atmosfere d’antan si può alloggiare in uno degli hotel di inizio Novecento che si affacciano sulla Corniche: il Metropole e il Windsor Palace, con ascensori d’epoca, tende di broccato e sale da ballo con il pianoforte a coda.
I luoghi storici
Il tour storico-archeologico non può prescindere da una visita alle catacombe Kom el-Suqafa, alla lettera “collina dei cocci”, dove simboli faraonici si mescolano con quelli della mitologia greca e romana. Tra le particolarità di questa necropoli c’è la scala a chiocciola scolpita nella pietra che conduce oltre 30 metri sotto terra. C’è poi l’area archeologica dell’Anfiteatro Romano, dove è stato ipotizzato si potesse trovare la tomba di Alessandro Magno (una sorta di “sacro graal” dell’archeologia) e il Museo Greco Romano riaperto alla fine del 2023 dopo un ventennio di restauri a singhiozzo (furono interrotti dopo la rivoluzione, nel 2011, per mancanza di fondi).
La nuova Biblioteca
Non può mancare una visita alla nuova Biblioteca, costruita a partire dalla fine degli anni Ottanta sulla Corniche, nei pressi del luogo in cui si trovavano l’antica Biblioteca e il Museo, e inaugurata nel 2002. L’edificio, costato 220milioni di dollari e realizzato sotto il vessillo dell’Unesco, è molto imponente dall’esterno – sulla superficie convessa, realizzata con lastre di pietra di diverse dimensioni, sono impressi lettere e simboli che raccontano la storia dell’umanità. All’interno, in rigoroso silenzio, circondati da circa cinque milioni di libri (la capienza massima è otto), sono al lavoro centinaia di studenti: chi sfoglia antichi volumi, chi lavora al computer, chi progetta sul tablet. L’espressione più vivida di come si sia evoluta la cultura in oltre duemila anni.
Vicoli, dessert e lungomare
Fuori, i clacson riempiono le strade, i tavolini dei caffè – spartani, ma molto caratteristici – che si affacciano sulla Corniche si riempiono di persone che bevono thé e giocano a backgammon (sport da tavolo “nazionale” in Egitto), accompagnati dall’immancabile sigaretta o dal narghilé (shisha). Inoltrandosi nelle vie del centro, stretti tra bancarelle che vendono un po’ di tutto, dalle noccioline tostate ai vestiti, vale la pena una pausa da El Halaby, uno dei punti di riferimento per il dolce locale, la Harisa, che servono con una crema e si può prendere anche da asporto e gustare sul mare. Nessuno si scomporrà se la portate con voi, al tavolino sui frangiflutti, e ordinate solo un caffè, guardando verso l’orizzonte. Così, come scrive André Aciman raccontando l’ultima notte nella sua città natale: «Mi sedetti sul muretto di pietra, le spalle rivolte alla città, e guardai il mare continuando a sorreggere quella meravigliosa ghiottoneria che presto avrei divorato. Abdou l’avrebbe chiamato un momento di vero mazag (piacere, ndr). (..) Al cospetto della sera guardai le stelle e pensai: là c’è la Spagna, poi la Francia, a destra l’Italia e dritto davanti a me la terra di Solone e Pericle. Il mondo non ha tempo né confini (..)».
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