Aimo Moroni: ci lascia a 91 anni il grande cuoco di uno dei ristoranti simbolo di Milano, ecco chi era e cosa ha fatto per la cucina italiana
La retorica è sempre in agguato quando si spegne un personaggio importante. E nel caso di Aimo Moroni, scomparso ieri a 91 anni, più che importante ci si può alzare all’aggettivo «fondamentale» per quanto ha rappresentato nel pionierismo dell’alta cucina italiana.
Aimo (con la moglie Nadia Giuntoli, coppia inseparabile) si è guadagnato meno copertine di Gualtiero Marchesi – di qualche anno più vecchio – ma ha fatto un lavoro altrettanto importante. «Li divideva un aspetto non secondario – ci spiegò una volta il grande pasticciere Corrado Assenza, uno che conosceva bene entrambi – Gualtiero non aveva mai fatto una vera e propria gavetta, era un prodotto dell’alta borghesia milanese. Aimo aveva un’estrazione popolare, lo cominciò a muovere la fame del secondo dopoguerra».
Da qui un approccio meravigliosamente diverso alla cucina, con Marchesi alla ricerca di una via italiana alla Nouvelle Cuisine, fatta di arte pura e in un locale nel centro di Milano, e Moroni che aveva scelto, nel 1962 , un «bar-trattoria» che per tutti divenne semplicemente «Aimo e Nadia» anche se l’insegna (come quella attuale) è il Luogo di Aimo e Nadia. Si trovava in via Montecuccoli 61, zona Primaticcio: oggi è pieno di loft e sedi di aziende, parcheggiare è un’impresa ma all’epoca era campagna e potevi mollare l’auto dove volevi.
Prodotti pazzeschi
«Non c’era una ragione reale che spingesse i clienti a venire fino a qui – dirà Aimo – Eppure cominciarono a venire sempre più numerosi». La cucina degli inizi reca una forte impronta delle origini toscane della coppia (Moroni era di Pescia, curiosamente la cittadina natale del super stellato Enrico Bartolini) ma nel tempo estende il suo raggio alle altre grandi materie prime del paese, senza distinzioni di sorta tra Nord e sud. Un campionario di straordinari prodotti che, decenni dopo, ancora troviamo nel menu del Luogo, con tanto di certificati di origine: burrate della Valsassina, cavoli di Creazzo, colature di alici di Cetara, capperi di Pantelleria, fagioli risina di Spello, farro della Garfagnana, peperoni di Carmagnola… Un concentrato di bontà scovate e coltivate con una passione che non ha eguali. Espressioni vive del territorio esaltate con una cura e un rispetto tali che la nascente critica gastronomica degli anni Settanta – Luigi Veronelli in primis – ne riconosce subito il valore rivoluzionario.
Source link





