Agrifoodtech italiano, calano gli investimenti ma cresce il numero di startup
In Italia l’agrifoodtech, il settore della tecnologia applicata all’agricoltura, è in piena trasformazione, con un calo degli investimenti e un parallelo aumento delle startup. A descrivere lo stato delle cose nel dettaglio è il nuovo Report sullo stato dell’agrifoodtech in Italia elaborato da Eatable Adventures, la filiale nazionale del principale acceleratore del settore a livello mondiale per il Verona Agrifood Innovation Hub. Una realtà consolidatasi come polo principale per lo sviluppo del settore e sostenuta da partner come Fondazione Cariverona, Unicredit, Eatable Adventures e Università degli Studi di Verona.
Sfogliando il report scopriamo così che, nel 2024, gli investimenti destinati al settore sono fermi a 103 milioni di euro, in netto calo rispetto all’anno precedente. Questa contrazione è comunque in linea con l’andamento generale del mercato, che attualmente vede un calo degli investimenti del 19% a livello europeo e del 7% su scala globale. Come contraltare c’è però stato un aumento delle startup attive: se nel 2023 erano 341, ora sono 407, concentrate soprattutto nel Nord Italia. Un dato, quest’ultimo, che evidenzia come il Meridione, nonostante un notevole potenziale agricolo, fatica ad emergere a causa di un ecosistema imprenditoriale ancora lacunoso. Inoltre, grazie alla crescente attenzione verso le tecnologie avanzate, l’agrifoodtech italiano esprime un potenziale inespresso che, se ben sfruttato, potrebbe in futuro portarlo ad avere un ruolo di assoluto rilievo in chiave globale.
“Dopo il boom di investimenti nel 2023, il 2024 ci restituisce uno scenario più misurato e cauto, ma altrettanto promettente”, è il commento di Alberto Barbari, vicepresidente italiano di Eatable Adventures. “Nonostante le sfide, l’ecosistema italiano ha tutte le risorse per affermarsi come leader globale dell’AgriFoodtech made in Italy. La chiave è adottare un approccio sempre più aperto all’innovazione, consolidando sinergie tra industria, università e startup. Rafforzare queste reti è essenziale per garantire un futuro più innovativo e sostenibile, attraendo e formando nuovi talenti, incentivando l’inclusività e creando un legame tra mondo accademico e imprenditoriale, così da infondere nuova linfa vitale all’ecosistema italiano”.
L’analisi di Eatable Adventures traccia un identikit dei fondatori italiani delle startup in questo settore, evidenziando come, in media, si parli di imprenditori con un solido bagaglio accademico e tecnologico, in possesso di un dottorato di ricerca (38%) o una laurea magistrale o un master (30%). Chi fonda una startup nell’agrifoodtech è già, mediamente, un imprenditore, di solito giovane (il 73% ha tra i 25 e i 45 anni); solo il 6% degli under 25 e degli over 56 ha aperto un’attività nel settore. E difficilmente dispongono di molti dipendenti: il 74% delle startup può contare su un massimo di 5 risorse. Questo dato si può mettere in correlazione con la generale contrazione del numero dei dipendenti a livello nazionale (-27%).
Si registra una tendenza a sviluppare internamente le tecnologie (77%), specialmente l’intelligenza artificiale (43%), le biotecnologie (32%) e le piattaforme digitali (30%). Di contro solo il 15% delle innovazioni deriva da collaborazioni con università, il che sottolinea la necessità di rafforzare le sinergie tra mondo imprenditoriale e accademico.
Ritornando a parlare di investimenti, si nota un calo di quelli superiori a un milione di euro, con un contestuale aumento di quelli più piccoli. Sintomo di un approccio più prudente dovuto anche ad un panorama macroeconomico globale incerto e fortemente instabile.
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