Affitti brevi, stop ai limiti imposti dai Comuni
Stop ai divieti imposti dai Comuni sugli affitti brevi. L’attività di locazione turistica, esercitata in forma non imprenditoriale, non rientra nel raggio d’azione dei loro poteri di inibizione. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2928/2025, segna un importantissimo precedente nella vicenda degli affitti brevi, dando un duro colpo alle amministrazioni che, in più parti d’Italia, stanno provando a regolare il fenomeno con regole costruite a livello locale.
Il caso analizzato dal Consiglio di Stato
Tra queste, ci sono i casi di Firenze (che ha appena approvato un nuovo regolamento sul tema), Bologna, Roma, Venezia e Sirmione, in provincia di Brescia. Proprio l’amministrazione lombarda, con un regolamento datato gennaio del 2022, è stata tra le prime a provare a disciplinare il fenomeno. Su quel regolamento era stata pronunciata una prima sentenza del Tar, che accoglieva in parte le ragioni della ricorrente, sulla quale adesso si pronuncia anche il Consiglio di Stato, con toni ancora più sfavorevoli all’amministrazione.
I giudici, infatti, concludono che il tentativo di regolare il fenomeno delle locazioni turistiche a livello locale non poggia su basi solide: non c’è una competenza stabilita per legge. Spiega la decisione: «Nel quadro normativo attuale, l’attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione».
Diversi passaggi della sentenza, cioè, sottolineano come sia a livello nazionale che regionale le locazioni turistiche non possono essere equiparate alle strutture ricettive. Si tratta – dice la sentenza – «di immobili che non confluiscono in tale categoria e non sono soggetti all’intera disciplina».
Per questo, viene accolto il ricorso che arrivava da una proprietaria che si era vista inibire l’esercizio dell’attività di locazione turistica. Viene bocciata la sentenza del Tar, che ha «erroneamente riconosciuto al Comune il potere di chiedere la produzione, unitamente alla comunicazione di inizio attività, di documentazione ulteriore» rispetto al regolamento regionale «e di vietare alla ricorrente la stipula di contratti di locazione a finalità turistica». L’amministrazione, quindi, non può «vietare l’esercizio della libertà contrattuale della ricorrente (in particolare quella di concludere contratti di locazione con finalità turistica, aventi ad oggetto i suoi immobili)».
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