Economia

Adozione internazionale per i single, via libera della Corte costituzionale

I single possono accedere all’adozione internazionale dei minori stranieri in stato di abbandono. La Corte costituzionale, con la sentenza 33 depositata venerdì 20 marzo fa cadere, bollandolo come illegittimo, il veto posto dall’articolo 29-bis, comma 1, della legge 184/1983 che esclude dall’adozione di un minore residente all’estero le persone non coniugate. Una preclusione in contrasto con gli articoli 2 e 117, primo comma, della Carta, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il no all’adozione internazionale a chi ha lo stato “libero” entra in rotta di collisione con l’articolo 8 della Cedu che tutela il rispetto alla vita privata e familiare.

Il peso del contesto familiare

Il Giudice delle leggi si esprime sul rinvio del giudice del Tribunale dei minori di Firenze, secondo il quale l’esigenza di individuare, nel miglior interesse del minore, un contesto familiare armonioso e stabile non dovrebbe «necessariamente rinvenirsi nella struttura familiare composta da una coppia unita nel vincolo del matrimonio». Un’affermazione che trova l’avallo nell’evoluzione delle norme interne, nelle sentenze della stessa Consulta e nella Convenzione sull’adozione internazionale dell’Aja, che riconosce il diritto all’adozione internazionale per i single. Per quanto riguarda il legislatore italiano – pur a fronte di una scelta di fondo, che non include nel perimetro dei potenziali adottanti di minori le persone singole – ha riconosciuto la loro idoneità ad assicurare un ambiente stabile e armonioso.

La ratio dell’apertura è anche quella di allontanare il pericolo che l’esclusione dal ruolo di possibili adottanti si tramuti in una barriera capace di ostacolare lo stesso diritto del minore a essere accolto in un ambiente stabile e armonioso. Un rischio riconducibile anche alla restrizione della platea dei potenziali adottanti. Eventualità non puramente teorica se si guarda ai numeri: nel caso dell’adozione internazionale, da quasi settemila domande nel 2007 si è passati – ricorda la Corte – a una stima di circa cinquecento domande per il 2024.

Idoneità affettiva da accertare

Per la Consulta l’interesse a divenire genitori, pur non attribuendo una pretesa ad adottare, rientra nella libertà di autodeterminazione della persona e va equilibrato, con i molteplici superiori interessi del minore, nel giudizio sulla non irragionevolezza e non sproporzione delle scelte operate dal legislatore. Spetta poi al giudice accertare l’idoneità affettiva dell’aspirante genitore e la sua capacità di educare, istruire e mantenere il minore. Nel valorizzare il peso che può avere anche la famiglia di origine dell’adottante nel creare una rete di affetti la Consulta ricorda le sentenze 183/2023 e 79/2022, con le quali ha passato un colpo di spugna sull’obbligo di interrompere i rapporti con la famiglia di origine del minore e sull’impossibilità di stabilire legami di parentela con la famiglia dell’adottante.

Resta il veto sull’adozione interna

Il Giudice delle leggi sgombra anche il campo dai dubbi, sollevati dalla presidenza del Consiglio dei ministri, su una discriminazione che l’apertura all’adozione internazionale potrebbe creare, lasciando inalterato il divieto per le famiglie monoparentali all’adozione interna. Un rischio di discrasie che non si pone nei termini di una irragionevole disparità di trattamento fra adozione internazionale e adozione interna, e non configura comunque un vizio di inammissibilità.


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