Addio a Luca Marsilli, giornalista appassionato – Cronaca
BOLZANO. È morto sabato sera 2 agosto a 61 anni appena compiuti Luca Marsilli, giornalista roveretano, a lungo collega della famiglia dell’Alto Adige e voce per quasi quarant’anni di una città che ha amato, ha capito e ha saputo raccontare.
È forse questa la cifra di Luca, più di ogni altra. Perché lui era tante cose, come spesso accade a chi è curioso e intelligente insieme. Ma che il suo destino sarebbe stato quello del giornalista forse lui lo aveva capito prima che la vita lo chiamasse a scegliere. Classe 1964, dopo il liceo Rosmini aveva frequentato la facoltà di Giurisprudenza, mentre già bazzicava i giornali. Il Gazzettino, prima. Poi l’Alto Adige di allora, che non si chiamava ancora Trentino.
Un’altra epoca, foto in bianco e nero, macchine da scrivere. Redazione di Rovereto, con quello che forse ha sempre considerato il suo mentore, oltre che il suo primo amico, nel mondo anche spietato del giornalismo, Sergio Molinari. Tra penne lievi e raffinate, si erano stimati subito. Tra teste del Basso Trentino, si erano capiti. Hanno lavorato, hanno imparato, si sono divertiti. Luca avrebbe potuto fare anche altro: dopo l’università aveva concluso la pratica nello studio legale Dapor. Ma doveva scegliere. E non ha avuto nemmeno mezzo dubbio, né rimpianti poi: il tribunale non era il suo posto, lo soffriva un po’ anche da cronista, per non dire di giacca e cravatta che avrebbe dovuto indossare. Nessun patema, dunque. Anche perché sapeva di esserci tagliato. Quando era importante, quando non era il solito pezzo ma serviva qualcosa di più, sapeva usare le parole con la leggerezza dei grandi, senza paura di farsi rubare un pezzetto d’anima se serviva. E il risultato si vedeva. Impossibile dire di cosa si è occupato, in quasi 40 anni di carriera, perché si è occupato davvero di tutto. E sempre con la medesima cifra. L’interesse per le persone, soprattutto se raccontavano qualcosa di cui lui non sapeva nulla.
Non importa se si trattasse di come si coltiva un bosco o di una ricerca scientifica medica. Aveva fame di capire e quindi di sapere. Quando ha scritto della zatterata della sua Borgo sacco, ha aiutato a costruire la zattera storica. Il varo in Adige non era stato un successo, ma tant’è. Ci avevano provato. Quando ha iniziato i lavori nel suo angolo di mondo, il rocol a Cei, ha preteso di capire come si tira su un muro e come si fa un tetto. Poteva lasciar fare a chi sapeva dove mettere le mani, ma non si sarebbe divertito altrettanto. Ecco, questo lo rendeva diverso: si divertiva proprio a capire le cose.
Di passioni ne ha avute tante. Ma due su tutte. La pallamano, decantava le gesta della Rovereto blasonata anche a chi nemmeno conosceva le regole del gioco, con gli occhi che ancora un po’ brillavano. E poi la pesca. Lo si prendeva in giro, perché non aveva preso il grande luccio, ma per lui era più o meno una religione, perché era il modo di conoscere il suo territorio. Il Leno, L’Adige, il Garda con l’amico Cesare e la loro barca, che da troppo tempo aspettava di vederlo salire. E poi si fa presto a dire pesca. Passava ore a sistemare la tirlindana, quando era stagione, non curante di chi intorno poteva non capire quella fatica, in termini di pazienza. Ma quando metteva il berretto in testa e usciva all’alba era felice. Di quella felicità effimera, ma che fa dimenticare per un po’ le amarezze, che pur ci sono state. Amava tante cose, Luca. Ma amava soprattutto la sua città. Era campanilismo, certo, ma era più di tutto affetto. Ne ha raccontato le stanze dei bottoni e la strada, le beghe politiche e i cambiamenti sociali. Memorabile, per lucidità, un suo editoriale, in occasione di un’elezione comunale. Erano parole dure, ma di verità. Andrebbero rilette ora. Gli ultimi anni di carriera non sono stati facili. Dopo la chiusura del Trentino, ha trovato spazio – e stima – al Corriere del Trentino. Poi è stato chiamato al Nuovo Trentino. In ogni posto ha garantito impegno, professionalità e capacità.
Finché alla porta di quell’omone grande e grosso, ha bussato la malattia. Gli ultimi due anni sono stati spietati. Ma gli hanno dato il tempo per fare cose. Ha sposato la nostra collega Mara Deimichei, compagna di una vita. Ha avuto tempo per mamma Francesca. Si è lasciato sostenere – lui così orgoglioso – dalla sorella Claudia. Ha vissuto l’orgoglio di vedere il figlio Simone laureato e poi con il lavoro che voleva. E poi, quando tutto era a posto, se ne è andato. E con lui una voce che avrebbe meritato più tempo.
Tra i reparti che si sono presi cura di lui vi è anche la Neuroriabilitazione di Vipiteno. A Mara e ai familiari il forte abbraccio del direttore Valentino Beccari e di tutta la redazione dell’Alto Adige.
L’ultimo saluto a Luca martedì 5 agosto alle 14 nella sala del Commiato del cimitero di San Marco a Rovereto.