accesso agli atti svela alcuni punti
Una vicenda che mescola politica, regolamenti e libertà di espressione scuote la Capitale. Nei giorni scorsi, i manifesti della Lega dedicati al Decreto Sicurezza sono stati rimossi da diversi punti strategici di Roma, scatenando un acceso dibattito pubblico e una nuova tempesta politica.
Tutto è cominciato con una segnalazione, partita da alcuni cittadini e raccolta dall’assessora alle Attività produttive, Monica Lucarelli. Il Comune ha inviato una lettera formale alla società responsabile delle affissioni, intimando la rimozione dei cartelloni che, a detta degli uffici capitolini, violavano il regolamento comunale sulle pubblicità. Un regolamento che vieta espressamente contenuti con “riconoscibilità etnica” o immagini potenzialmente discriminatorie.
I manifesti in questione, realizzati con tecniche di intelligenza artificiale, ritraevano immagini forti e provocatorie: una donna rom fermata in metropolitana dopo uno scippo, un uomo di colore e una donna rom sgomberati da un’abitazione occupata, e un gruppo di giovani attivisti in protesta.
Scene che la Lega aveva voluto utilizzare per promuovere le novità del Decreto Sicurezza, ma che il Comune ha giudicato discriminatorie e non conformi alle norme vigenti.
Immediata la replica del Carroccio, che ha denunciato un atto di censura mascherato da decisione tecnica. “Non è un semplice regolamento comunale a decidere cosa può essere detto o mostrato — hanno commentato i rappresentanti del partito —. Questa rimozione ha un chiaro sapore politico e rappresenta un pericoloso precedente contro la libertà di espressione, sancita dall’articolo 21 della Costituzione. – continua il commento – La Lega scenderà in piazza mentre i manifesti censurati saranno riproposti a stretto giro anche in altre città. Il Pd, la comunità rom e gli assessori di Gualtieri non possono imporre bavagli”.
Il Carroccio, così, ha deciso di fare un accesso agli atti per capire cosa fosse realmente accaduto. È quindi emerso che il 24 luglio l’assessora alle Attività produttive, Monica Lucareli, scriveva una mail agli uffici capitolini: ”Mi è stata segnalata questa affissione pubblicitaria in cui è stata evidenziata la riconoscibilità etnica della persona fotografata – si legge nella mail poi diffusa dal Carroccio – cortesemente svolgete le opportune valutazioni in coerenza con il regolamento vigente ed eventualmente date seguito con le opportune azioni amministrative”.

La replica: “Non c’è stata nessuna censura”
È quindi arrivata anche la replica dell’assessora Lucarelli che ha respinto al mittente le accuse di censura. “Ogni segnalazione che perviene all’attenzione dell’assessorato viene, come da prassi amministrativa, trasmessa al dipartimento competente per le verifiche del caso, senza alcuna indicazione politica – spiega Lucarelli in una nota – è accaduto anche in questo caso, a seguito di una segnalazione da parte di un cittadino, che, anche a nome di alcuni rappresentanti della comunità rom di Roma, ha evidenziato la presenza di manifesti propagandistici a firma del partito della Lega, ritenuti discriminatori e portatori di un messaggio, nemmeno troppo latente, di istigazione all’odio. Ho quindi inoltrato la segnalazione agli uffici, chiedendo di verificare la rispondenza al regolamento vigente e, se del caso, procedere secondo le modalità previste. Un atto dovuto, non una presa di posizione politica”.
“Sabato scorso – ha evidenziato ancora l’assessora – ho avuto modo di confrontarmi con alcuni esponenti della Lega, chiarendo che il punto non era tanto il contenuto testuale del manifesto, quanto l’immagine utilizzata: una rappresentazione visiva fortemente identificativa di un gruppo etnico e sociale, che rischia di trasmettere un messaggio stigmatizzante. Se fosse stata utilizzata un’immagine generica, non riconducibile a uno specifico gruppo, non ci sarebbe stata alcuna criticità. Questo conferma, ancora una volta, che non si è trattato di censura, ma del rispetto delle regole e della sensibilità dovuta al contesto“.
“Appena ricevuto l’accesso agli atti da parte del consigliere Santori, gli uffici hanno trasmesso con tempestività tutta la documentazione disponibile. Non c’è nulla da nascondere. La trasparenza è per noi una prassi quotidiana, non una concessione straordinaria. Chi oggi accusa l’amministrazione di aver agito per motivi politici, dimentica, o finge di dimenticare, che il regolamento comunale e le normative nazionali vietano chiaramente, e giustamente, l’esposizione di contenuti che, anche solo indirettamente, possono incitare all’intolleranza o veicolare messaggi discriminatori. Difendere il diritto di espressione è un dovere costituzionale. Ma farlo senza mai chiedersi dove finisce la critica e dove inizi la stigmatizzazione sociale, significa tradire quel principio stesso che si dice di voler difendere” ha concluso Lucarelli.
Insomma, la polemica si è così riaccesa, dividendo ancora una volta la città: da un lato, chi sostiene la necessità di rispettare norme che tutelino da possibili contenuti discriminatori; dall’altro, chi vede nell’azione comunale un tentativo di silenziare un’opinione politica scomoda.
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