Abbiamo chiesto all’Ue di sospendere le relazioni con gli insediamenti israeliani illegali
Il 4 febbraio Amnesty International e altre 161 organizzazioni sindacali e della società civile hanno scritto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo la fine delle relazioni commerciali ed economiche con gli insediamenti israeliani nel Territorio palestinese occupato, che sono illegali ai sensi del diritto internazionale come da ultimo dichiarato, il 19 luglio 2024, dalla Corte internazionale di giustizia.
La Corte ha affermato che gli Stati non devono riconoscere, aiutare o assistere la situazione illegale derivante dall’occupazione israeliana del Territorio palestinese e hanno l’obbligo di “astenersi da relazioni economiche e commerciali con Israele per quanto riguarda il Territorio palestinese” in quanto tali relazioni “potrebbero rafforzare la presenza illegale [di Israele] nel Territorio”.
La Corte ha sollecitato gli Stati ad “adottare misure per impedire relazioni commerciali o investimenti che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nel Territorio palestinese occupato”.
Le politiche europee, che attualmente distinguono tra beni prodotti in Israele e quelli prodotti nei suoi insediamenti, non bastano perché consentono a questi ultimi di entrare comunque nei nostri mercati salvo la mera assenza di una preferenza commerciale.
C’è poi un problema di coerenza. In numerose dichiarazioni, gli Stati membri dell’Unione europea hanno sottolineato che le aziende basate negli insediamenti causano gravi violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione palestinese come sgomberi e trasferimenti forzati, demolizioni di infrastrutture civili spesso realizzate con fondi Ue, confische di terreni e violenze da parte dei coloni e dei soldati israeliani.
La situazione si è talmente aggravata che gli Stati membri, superando le loro tradizionali divisioni, hanno imposto sanzioni a un piccolo gruppo di coloni e alle aziende loro affiliate.
Le 162 organizzazioni chiedono pertanto alla Commissione europea di introdurre una legislazione che vieti il commercio e gli investimenti negli insediamenti illegali israeliani nel Territorio palestinese occupato e, nell’attesa, di emanare un parere consultivo ben più forte di quello vigente, che scoraggi le imprese europee a svolgere attività che favoriscono quegli insediamenti.
Il testo integrale della lettera è qui.
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