Abbattere gli alberi in nome dell’ambiente, il paradosso reso possibile dai fondi del Pnrr
Considerati da sindaci e assessori oggetti di arredo, abbattuti per infiniti motivi, dal cemento che avanza per supermercati, parcheggi, palestre e scuole, alle “riqualificazioni” urbane: gli alberi, in Italia sono sotto assedio da nord a sud, come racconta nel suo pamphlet polemico Alberi. Fermiamo la mattanza (Terranuova) la giornalista ambientale Linda Maggiori. “A Pordenone, ad esempio, si è fatta strage di un pluridecennale bosco di tigli con finanziamenti pubblici per costruire un polo sportivo. A Gallarate nel novembre 2024, il bosco di via Curtatone è stato spazzato via dalle ruspe per costruire due scuole e un asilo”, racconta l’autrice.
Abbattimenti in nome dell’ambiente. E grazie al Pnrr
Il paradosso di oggi è che gli alberi si abbattono proprio invocando riforestazione e verde. Magari grazie ai fondi del Pnrr. A Torino, ad esempio, nel parco del Meisino, un progetto da 11,5 milioni di euro prevede di costruire una cittadella dello sport e strutture per l’educazione ambientale, abbattendo però cinquanta grandi alberi. “Si distrugge l’ambiente in nome dell’ambiente”, polemizza Daniele Zanzi, agronomo con esperienza quarantennale, “è una vera pandemia e purtroppo è una pandemia bipartisan, non c’è distinzione di colore politico. Il Pnrr prevedeva fondi per progetti ambientali si sono presentate piste ciclabili e tranvie per poi accorgersi che su quei tragitti c’erano gli alberi: ma che importa! Gli amministratori abbattono e ripiantano”. Rincara la dose Mario Bencivenni, storico fiorentino dell’architettura e dei giardini. “Il Pnrr è stata una sorta di sciagura, doveva essere finalizzato al rimboschimento invece ha contribuito ad affossare la nostra orticultura e le competenze in ambito di giardinaggio”.
L’altro aspetto è che la valutazione della stabilità, nota la giornalista Maggiori, è diventata un business. Le valutazioni di abbattimento vengono fatta quasi unicamente tramite la VTA, la Visual Tre Assessement, che solo in Italia si usa per giustificare gli abbattimenti degli alberi. Le prove di trazioni o altri strumenti quando ci sono vengono spesso interpretate a favore di chi ha commissionato l’analisi. “Ci vorrebbero studi approfonditi per evitare diagnosi errate o fuorvianti, invece siamo di fronte a improvvisazione e superficialità”, spiega Zanzi.
Gli alberi piccoli non compensano la CO2
Ciò di cui gli amministratori non si rendono conto è che gli alberi, abbassando le temperature, possono fare la differenza tra la vita e la morte, nel paese, l’Italia, con 12.743 decessi per bolle di calore nel 2023 e 53.000 a causa di polveri sottili.
Inoltre, secondo l’Istituto per la BioEconomia, i grandi alberi maturi rimuovono inquinanti atmosferici circa 70 volte più delle piante giovani e sequestrano circa 360 kg/anno di anidride carbonica (CO2) rispetto ai soli 4-16 kg/anno dei piccoli alberi (8-15 cm). “Un albero messo a dimora inizia a ridare quello che ha sottratto in termini di CO2 nel suo spostamento e trapianto dal ventottesimo al trentanovesimo anno di età: questo significa che stiamo mettendo a dimora alberi che non vivranno abbastanza per darci indietro ciò che hanno consumato, un suicidio collettivo”, polemizza Zanzi.
Normative calpestate
Ma quali sono le norme di riferimento del patrimonio arboreo? C’è il decreto 63 del 10 marzo 2020 sui criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico (CAM) che vieta capitozzature e prescrive potature corrette. I nidi degli uccelli sono protetti dalla legge 157/9235, aggiornata con legge numero 96 del 4 giugno 2010. La Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia nel 2001, sancisce che i cittadini vanno sempre preventivamente informati e coinvolti nelle decisioni riguardanti progetti che potrebbero arrecare trasformazioni e danni all’ambiente in cui abitano. Per le piante che hanno oltre settant’anni serve invece l’autorizzazione della Soprintendenza, se ci si trova in un Sito di interesse comunitario o SIC serve la cosiddetta Vinca (Valutazione di incidenza ambientale) per tagliare alberi, modificare il paesaggio. Il libro indica anche le vie legali: si possono presentare esposti alla Corte dei Conti (per sperpero di fondi pubblici, come quel legati al PNRR) e/o agire tramite ricorso cautelare d’urgenza, rivolgendosi al Tribunale ordinario, chiedendo una inibitoria al cantiere, o impugnare l’atto amministrativo davanti al Tar.
Per valutare il valore economico di un albero ci sono poi software per calcolare i benefici ambientali degli alberi, come i-Tree e il portale SuPerAlberi. “I sindaci devono capire che sono i responsabili della salute dei cittadini”, spiega Simona Bertini, cofondatrici di ONDA, Organismo Nazionale Difesa Alberi, “per cui se si taglia un filare di aceri e poi aumenta l’isola di calore, i fragili soffrono, raffreddare costa di più e anche questa è una questione di sicurezza e di salute, non solo le cadute”.
Cosa chiedono i comitati
Se le amministrazioni sono cieche, o forse fin troppo interessate, da nord a sud Italia sono nati movimenti e comitati locali contro gli abbattimenti. A Vicenza, ricorda Maggiori, attivisti e attiviste si sono arrampicati sugli alberi del bosco Lanerossi per difenderlo dai tagli dei cantieri della Tav9. In Puglia, il Salento è insorto contro il taglio di un bosco per un ampliare un circuito Porsche. A Bologna, nel Parco Don Bosco, che doveva essere abbattuto per costruire una nuova scuola, il Comitato Besta ha fatto cambiare idea al Comune dopo una lunga lotta. “Le persone pensano che siamo fanatici abbattitori di alberi, che antropizzano le piante, ma non è vero niente. Ma servono tutele maggiori a livello normativo, se si mettono sanzioni sui Criteri Ambientali Minimi (CAM) nessuno le rispetta”, afferma Simona Bertini.
Tra le richieste di chi protesta, quella di avere in ogni città una commissione di “garanti del verde” composta da tecnici, rappresentanti dei cittadini, ambientalisti. Si chiede anche che le Consulte del verde siano indipendenti e composte da cittadini, scuole ed esperti. Quanto agli abbattimenti fatti con fondi del Pnrr, si domanda Maggiori, “perché gli organismi della Ue non aprono inchieste sul mancato rispetto dei princìpi di non danneggiamento e partecipazione, indispensabili per l’utilizzo dei fondi stessi?”. Inoltre, nella normativa Restoration Law approvata dall’Europa si prevede che nell’ecosistema urbano non debbano esserci perdite nette di spazi verdi urbani né di copertura della volta arborea urbana entro la fine del 2030 rispetto al 2040. “È interessante che la legge europea non prenda in considerazione il numero di alberi piantati ma la copertura arborea urbana, legata alla chioma ovvero all’età”, conclude Maggiori. Uno smascheramento dell’ipocrisia di chi pensa che sostituire un albero monumentale con un alberello sia accettabile e soprattutto equivalente.
Source link