Emilia Romagna

“A Marina di Ravenna non è andato in frantumi solo un vetro blindato, si è incrinata la nostra coscienza” :: Segnalazione a Ravenna

















Riceviamo la seguente lettera da un nostro lettore e pubblichiamo: 


“Era una notte come tante, tra il 20 e il 21 giugno. La brezza dell’Adriatico portava il profumo dell’estate, il vociare dei turisti si confondeva con il rumore delle onde. Ma qualcosa, quella notte, ha strappato il velo dell’indifferenza. Due agenti della Polizia di Stato, durante il loro servizio a Marina di Ravenna, fermano un giovane sospettato di furto. Non viene arrestato, non c’è violenza, non c’è clamore. Lo fanno salire sulla volante per procedere a una semplice identificazione. È routine, è Stato che funziona, è legalità che agisce. Ma a pochi passi da lì, accade l’inimmaginabile, una ragazza di appena 15 anni viene aggredita brutalmente da un uomo armato di una catena. La colpisce con violenza, le ruba il cellulare, la lascia ferita e impaurita. I due agenti, senza esitazione, scendono dalla volante. Lasciano il sospettato seduto, ancora lì, e corrono. Corrono verso la vittima. Non pensano a procedure, al rischio, alla fuga. Pensano a lei”.


“In quegli istanti, la legge ha il volto del coraggio, e il cuore della solidarietà. Nel frattempo, il giovane abbandonato nella volante forza il finestrino blindato, lo distrugge. E fugge. Un passante riprende tutto con il telefono. E il video, come un veleno lento, si diffonde sui social. Non per indignare, ma per intrattenere. Qualcuno ride. Qualcuno applaude. Ed è lì che si spezza qualcosa di molto più fragile del vetro, si spezza l’umanità”.


“Cosa siamo diventati, se davanti al sacrificio di chi ci protegge, preferiamo la derisione? Cosa ci resta, se un’aggressione brutale ci provoca solo curiosità e non rabbia? Quando abbiamo deciso che un video virale vale più di un gesto reale? Quel finestrino rotto non è solo un danno materiale. È un simbolo. È lo specchio di una società che guarda, ma non vede. Che filma, ma non sente. Che applaude il disordine e dimentica il valore di una divisa. Quella divisa, quella della Polizia di Stato, non è solo tessuto cucito su un corpo. È senso del dovere. È sacrificio. È spesso solitudine. È protezione sempre”.


“E allora sì, piangiamo. Piangiamo per quella ragazza, ferita due volte, dalla catena e dalla nostra assenza. Piangiamo per quei due agenti che hanno messo la vita di una sconosciuta davanti a ogni altra cosa, ricevendo in cambio lo scherno. Piangiamo per ogni cittadino che ha scelto la comodità del cinismo al posto dell’impegno civile. Ma poi rialziamoci! Non con slogan, non con post rabbiosi, ma con una scelta concreta, quella di stare dalla parte giusta. Dalla parte di chi interviene. Di chi cura. Di chi lotta per il bene comune. Dalla parte della Polizia di Stato, che ogni giorno combatte con le armi della legge e della dedizione, anche quando il nemico è l’indifferenza di chi dovrebbe sostenerla. Perché ogni volta che ridiamo davanti all’illegalità, uccidiamo la giustizia. E ogni volta che restiamo in silenzio, ci rendiamo complici di un declino che non meritiamo”.


Lettera firmata 














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