“A Kursk situazione molto difficile”: cosa c’è dietro l’ammissione di Putin
Riprende slancio l’offensiva dell’Ucraina nel Kursk, la regione russa invasa e in parte occupata sei mesi fa dall’esercito di Kiev. Ad ammettere l’andamento dei combattimenti sfavorevole ai soldati del Cremlino è lo stesso presidente Vladimir Putin che incontrando i governatori regionali ha detto che la situazione nel Kursk è “molto difficile”. “Siamo ancora lì“, afferma un soldato ucraino a Politico sottolineando che il suo Paese è riuscito a “portare la guerra nel territorio dell’aggressore“.
Al momento Kiev non ha confermato ufficialmente il nuovo contrattacco ma il presidente Volodymyr Zelensky ieri ha lodato le sue truppe e, consegnando riconoscimenti a diverse unità dell’esercito, ha dichiarato che “l’occupante può e deve essere sconfitto sul suo territorio. L’operazione nel Kursk spiega con chiarezza il significato di ‘pace attraverso la forza’”. Il riferimento del leader ucraino è alla formula diventata lo slogan di Kiev in una fase del conflitto che potrebbe fare da apripista a negoziati per il cessate il fuoco mediati dagli Stati Uniti nel corso dei quali le conquiste sul campo potrebbero essere usate come merce di scambio.
Nella guerra di ombre tipica di ogni conflitto il ministero della Difesa di Mosca ha cercato di sminuire i resoconti più negativi emettendo una nota in cui si legge che nella mattinata del 6 febbraio le forze armate russe hanno “individuato tempestivamente il nemico e con il supporto dell’aviazione” hanno “inflitto una sconfitta di fuoco ai gruppi d’assalto” ucraini sventando così il tentativo di controffensiva lanciato da Kiev.
La realtà potrebbe però essere diversa. Infatti gli analisti ritengono che almeno sul fronte settentrionale l’esercito dell’Ucraina sembrerebbe aver superato le difficoltà riscontrate nelle passate settimane. Una prova di ciò la fornisce il Servizio di intelligence nazionale di Seul che ha appena confermato il ritiro, a partire da metà gennaio, delle truppe della Corea del Nord alleata dello zar e schierate proprio nel Kursk. Secondo gli 007 sudcoreani una delle motivazioni del ritiro “potrebbe essere il verificarsi di molte vittime, ma i dettagli esatti sono ancora sotto monitoraggio“. Le stesse fonti stimano un bilancio di 300 morti e 2700 feriti tra le forze di Pyongyang.
Lo spiegamento di truppe, mai confermato dalle autorità di Pyongyang e di Mosca, è stato disposto dopo la firma lo scorso giugno di un accordo tra i leader dei due Paesi che include anche l’impegno di difesa reciproca. A detta di Seul, la Corea del Nord, che fornisce anche armi alla Russia, starebbe comunque preparando l’invio di ulteriori forze militari per compensare le perdite subite nell’ambito di “una rotazione o di un ulteriore dispiegamento di soldati” per supportare lo sforzo bellico del Cremlino.
Mentre il ministero della Difesa britannico afferma sulla base di informazioni di intelligence che da inizio anno il ritmo delle conquiste territoriali russe in Ucraina è rallentato, Zelensky accusa le autorità di Mosca di essere indifferenti rispetto alla sorte dei loro concittadini e fa sapere di essere “pronto ad aprire un corridoio umanitario dalla regione di Kursk verso l’interno della Russia in risposta a una richiesta ufficiale della Federazione“. La prossima settimana il presidente ucraino presenzierà alla Conferenza per la sicurezza di Monaco.
Attesi all’appuntamento internazionale anche il numero due della Casa Bianca J.D. Vance e l’inviato speciale di Donald Trump Keith Kellogg che potrebbero condividere con gli alleati della coalizione occidentale i primi dettagli del piano di pace del tycoon.
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