A Iuvanum il progetto per la reintroduzione della ‘ghiuppitt’, antico ecotipo di Sangiovese
Un progetto per la reintroduzione della ‘ghiuppitt’, antico ecotipo del Sangiovese: è l’iniziativa della bio cantina sociale di Orsogna, in prima linea per la valorizzazione dell’area archeologica di Iuvanum attraverso il nesso profondo che lega il sito archeologico di epoca romana a Montenerodomo e le iniziative di archeobotanica, le strategie che guardano al futuro, volte a conservare la biodiversità, l’identità territoriale e la sua storia millenaria.
Un impegno che grazie al progetto “Pe’ nin perde la sumente’, passa anche attraverso la riscoperta di antichi ecotipi di vite, come la ‘ghiuppitt’, locale “montanaro” del Sangiovese, ad opera della bio cantina, in sinergia con il parco nazionale della Maiella e la sua Banca del Germoplasma.
È stato questo il filo rosso del partecipato convegno “Semi e viti d’Abruzzo”, che è si tenuto nei giorni scorsi nell’anfiteatro di Iuvanum, uno dei luoghi più suggestivi dell’area archeologica della città romana sorta nei luoghi precedentemente occupati dal gruppo etnico sannitico dei Carricini, nell’ambito della undicesima edizione della manifestazione “Saperi e sapori antichi”.
Qui, hanno preso la parola, dopo i saluti di Angelo Piccoli, sindaco di Montenerodomo, per bio cantina sociale Orsogna, leader in Abruzzo e in Italia della viticoltura biologica e biodinamica, con circa 300 soci operativi su 1.500 ettari di vigneto, il direttore ed enologo Camillo Zulli, l’archeologa Patrizia Staffilani, del dipartimento di Lettere, Arti e Scienze sociali (Dilass) dell’Università D’Annunzio di Chieti e Pescara, per il parco nazionale della Maiella, il direttore Luciano di Martino e l’agronomo Marco Di Santo, l’etnobotanico Aurelio Manzi. A moderare Francesca Passalacqua, responsabile del museo archeologico di Iuvanum.
“Anche quest’anno si rinnova la nostra presenza qui a Iuvanum – ha detto il direttore Zulli -, un tesoro archeologico che merita di essere ancor più conosciuto e valorizzato. Del resto proprio qui a Montenerodomo lavoriamo alla reintroduzione della ‘ghiuppitt’ un ecotipo di Sangiovese che si è adattato a queste altitudini. In accordo con l’amministrazione comunale, abbiamo individuato dei terreni dove reimpiantarlo per poi vinificarlo in loco, perché è importante sfruttare il terroir microbico del luogo”.
L’antico ecotipo del vitigno Sangiovese è presente nei territori del versante orientale della Maiella caratterizzati da suoli calcarei e pietrosi. In passato veniva coltivato anche a quote altimetriche superiori a 1000 metri. La sua denominazione potrebbe essere correlata con il termine Ghiuppitt, antico soprannome di una famiglia montenerese associata alla sua coltivazione.
Di vino “ghiuppitt de Mundeneire’ ” la Bio Cantina Sociale Orsogna, con il marchio Pé Nin Perde la Sumente ha già imbottigliato alcuni ettolitri, dopo aver impiantato una piccola vigna sperimentale, vicino all’area archeologica, e a seguito del ritrovamento della cultivar nella vigna del signor Pietro di Florio nella vicina Lama dei Peligni. Ne è risultato un rosso molto fruttato, fresco, di acidità sostenuta, e ora l’obiettivo è quello di sperimentare la ‘ghiuppitt’ anche per il rosato e per la spumantizzazione.
“L’area archeologica di Iuvanum disegna questo meraviglioso paesaggio, gli conferisce valore e significato – ha proseguito Zulli -, ma deve tornare a fare anche agricoltura, in una montagna scrigno di biodiversità, secondo un modello di policoltura, per quel che ci riguarda rigorosamente biologica e biodinamica, che va nella direzione opposta rispetto alla monocultura che progressivamente ha conquistato le zone a valle, omologando e banalizzando il paesaggio, impoverendolo di fauna e flora, provocando anche il declino dei preziosissimi insetti, a causa di pesticidi. Una viticoltura sicuramente più redditizia, ma poco attenta ai vitigni autoctoni, alle tradizioni, al giusto impatto ambientale”.
L’archeologa Patrizia Staffilani nel suo intervento ha aggiornato sugli sviluppi della campagna di scavi in corso a Iuvanum, nell’area a servizio del luogo di culto, con officine e botteghe, e sul progetto “Lip3d” per la fruizione di siti e monumenti attraverso l’utilizzo di realtà aumentata, modellazione tridimensionale, metaverso e intelligenza artificiale, ricordando altresì che “anche a Iuvanum abbiamo rinvenuto dei semi antichissimi, in una fossa granaria e nella fontana recentemente venuta alla luce e che contiamo di restaurare: resti vegetali, semi di farro, segale, loglio e veccia. All’interno di un vaso, carbonizzati, e anche delle ghiande di farnia e roverella, che fino all’età medievale erano un alimento anche per gli umani”.
Sempre a proposito di semi, l’etnobotanico Manzi ha ribadito che” la montagna ha conservato varietà abbandonate a valle, sinonimo un tempo di agricoltura povera, ma che ora possono diventare una grande ricchezza. Da uno studio condotto dal Parco e da Bio Cantina Sociale Orsogna su semi di vite trovati a Crecchio, risalenti all’epoca bizantina, è emerso che parte di essi somigliano all’’uva tosta’, il nostro ‘pergolone’ che ancora coltiviamo, un’altra parte di essi invece hanno caratteristiche molto simili ai semi di sangiovese, di cui appunto la ‘ghiuppitt’ è un ecotipo, a questo punto a maggior ragione prezioso e radicato nella storia millenaria di questa terra”.
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