a Corinaldo i rifiuti di tutti?
ANCONA – Entro il 2029 tutte le discariche attualmente presenti nelle Marche saranno sature. La realizzazione di un termovalorizzatore prevista nel Piano rifiuti della Regione non arriverà prima del 2030. E questo se tutto va secondo la tabella di marcia fissata da Palazzo Raffaello. Un anno di limbo che renderà a dir poco complessa la gestione della patata bollente. Ma il problema si porrà ben prima di allora.
La grana
Lo scenario da film post-apocalittico è emerso mercoledì all’assemblea territoriale d’ambito di Ancona, incontro durante il quale sono state tracciate le proiezioni dei livelli di saturazione degli impianti nelle cinque province. La criticità maggiore è geolocalizzata su Macerata, «la prima ad andare in crisi per incapacità di smaltimento nonostante sia la più avanzata in termini di raccolta differenziata», si legge nel Piano regionale dei rifiuti. Criticità confermata nell’incontro di mercoledì: il sistema di gestione rifiuti dell’Ato 3 conta sulle capacità residue di smaltimento dell’impianto di discarica nel Comune di Cingoli, che andranno ad esaurirsi nel giro di qualche settimana. Nell’assemblea di Ancona è stata prospettata anche la soluzione: trasferire i rifiuti maceratesi nella discarica di Corinaldo, quella con più margini per aumentare i conferimenti.
La falla
Una soluzione tampone che, oltre a comportare un aumento della Tari per i cittadini del Maceratese – trasferire i rifiuti da una provincia all’altra ha un costo che si scarica sulle bollette – non risolve il problema. Infatti, è emerso pure che, se le cose non cambiano, la provincia di Fermo andrà a saturazione nel 2026, quella di Ascoli Piceno nel 2027 e quella di Pesaro tra il 2028 e il 2029.
Un trend che, di fatto, renderebbe Corinaldo la discarica delle Marche, portandola ad esaurimento nel 2029.
Scenario di fronte al quale è stata espressa preoccupazione (per usare un eufemismo) nell’incontro di mercoledì: una volta raggiunti i livelli massimi anche a Corinaldo, la gestione dei rifiuti diventerà impossibile, se non con il – costoso – trasporto in altre regioni, in attesa del termovalorizzatore. Intanto, in giro per la regione stanno spuntando progetti di nuove discariche – l’ultimo in ordine di tempo, a Poggio San Marcello – o di ampliamento di quelle esistenti che si scontrano puntualmente con le levati di scudi di sindaci e comitati cittadini.
Con qualche ragione. Infatti, oltre alla matematica di base, ci pensa pure la legge a spiegare quanto anacronistico sia il sistema delle discariche per gestire i rifiuti. La normativa nazionale ed europea prevede, per lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, obiettivi cadenzati: dal 2030 sarà vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al recupero; dal 2035, meno del 10% dei rifiuti dovrà finire in discarica. Sebbene le Marche vantino buoni livelli di recupero in termini di raccolta differenziata (73% in media), ciò non basta a centrare gli obiettivi.
Lo stato dell’arte
Nel 2023, le Marche hanno prodotto 768mila tonnellate di rifiuti urbani – di cui 215mila di rifiuti indifferenziati – in aumento rispetto al 2022. A mappare la situazione impiantistica della nostra regione ci pensa il rapporto dell’Ispra: quatto impianti di compostaggio per 76mila tonnellate e nessun impianto anaerobico o integrato; cinque impianti di trattamento meccanico-biologico (165mila tonnellate) e due meccanici (55mila tonnellate). La gran parte della gestione dei rifiuti marchigiani, dunque, è affidata alle discariche. Inquinanti e prossime al collasso. Così non va.