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Spalletti sta provando un’altra Juve: “Vedo qualcosa di nuovo”. Firenze gelida per la gara dell’anno

Il processo di spallettizzazione della Juventus è soltanto agli inizi e non sarà una rivoluzione improvvisa o, come direbbe lui, una fucilata nella notte. Sta procedendo di lima e pialla, quasi artigianalmente, anche perché deve modellare una squadra abituata al calcio di un allenatore completamente diverso da quello attuale, così come a sua volta Tudor era l’esatto contrario di Thiago Motta, che a sua volta era l’opposto di Allegri, che a sua volta era tutta un’altra cosa rispetto a Pirlo, che a sua volta eccetera eccetera.

Le prove tecniche

Questo schizofrenico andirivieni di tecnici in contraddizione uno con l’altro spiega come mai la Juventus sia una squadra all’eterna ricerca di un’identità. “I dati non possiamo fare a meno di utilizzarli”, dice l’ex ct, “ma il lavoro vero è trovare una stabilità nostra, non correggere qua e là”. È un lavoro di profondità, immaginando il tempo come un oceano. Intanto, per la più eclatante delle innovazioni, cioè il passaggio dalla difesa a tre a quella a quattro (quindi da un’epoca all’altra), non è ancora ora: “Ne stiamo accennando e dobbiamo obbligatoriamente lavorarci su. Ci vogliono tempo e componenti”, vale a dire settimane di addestramento e il recupero di Bremer. “Ma durante la sosta abbiamo lavorato su cose importanti con chi c’era. E da giovedì, con il gruppo al completo, ho visto qualcosa di nuovo”.

Firenze gelida per la partita dell’anno

Nel frattempo, a Firenze sarà un giorno importante per la juventinizzazione di Spalletti, perché entrerà per la prima volta da nemico cattivo in uno stadio dove è sempre stato di casa perché “del mio passato di vita, lì ne ho consumato tantissimo”. Oggi però sarà soltanto un “gobbo”, cioè il fumo negli occhi di ogni tifoso viola, ma lui chiede clemenza in quanto “non ho debiti morali con nessuno e quindi entrerò sereno, da allenatore della Juventus, anche in quello stadio. Accetterò qualunque situazione”.

Andrà misurato anche il processo di vanolizzazione della Fiorentina, che in quanto a crisi di identità non è seconda a nessuno ed è anche per questo che in classifica è ultima e che a Vanoli si chiede, per il momento, di dare almeno una scossa: mai come stavolta Firenze è stata fredda nei confronti della partita più attesa dell’anno. Soltanto all’ultimo sono finiti i posti liberi in questo mezzo stadio in ricostruzione.

Miretti e Yildiz

Durante la sosta, Spalletti ha tenuto soprattutto lezioni individuali, “e mi sono accorto che tornando a casa hanno fatto attenzione a quello che gli è stato detto e l’indomani lo hanno messo in pratica”. Il riferimento è specialmente a Miretti, che dopo essere stato lanciato giovanissimo da Allegri ha avuto poi un lungo periodo di crescita confusa: in estate era in vendita (lo voleva Conte al Napoli), ma un infortunio fastidioso (e durato più del previsto) lo ha sostanzialmente tolto dal mercato, oltre che dai radar. Spalletti gli ha dato a sorpresa 7’ contro lo Sporting, i primi della stagione, e sono bastati per fargli venire delle idee: Miretti è il centrocampista più tecnico che ha e quindi il più indicato a essere riconvertito in regista, figura che all’interno della rosa non c’è. “Noi abbiamo quasi tutto, ma le nostre qualità dobbiamo saperle usare. Non basta passarsi la palla, serve altro: non dobbiamo lasciarci travolgere dai momenti, ma riconoscere le fasi della partita, capire di volta in volta cosa fare, dove andare, come comportarsi. È questa la cosa più difficile”. Ed è la ragione per cui la spallettizzazione richiederà molto tempo. Nell’attesa c’è Yildiz, «lo spaccamoduli, lo spaccaschemi, quello della fucilata nella notte. Per me lui è il massimo».


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