La pugile Sirine Charaabi: «Ero l’unica bambina in palestra. Ho dovuto convincere mia madre e aspettare troppo la cittadinanza, ma adesso non scendo dal ring e punto a Los Angeles 2028»
La storia di Sirine Charaabi sembra la sceneggiatura di un film e invece è la vita vera di quella che oggi è l’atleta di punta del pugilato italiano, l’unica azzurra capace di vincere una medaglia agli ultimi Mondiali andati in scena a settembre a Liverpool con il bronzo nella categoria 54 kg e recente argento alla Coppa del Mondo in India. Dietro i successi ci sono le difficoltà di una bambina arrivata in Italia a soli 18 mesi dalla Tunisia e che da allora ha sempre vissuto a San Prisco, comune di dodicimila abitanti in provincia di Caserta. C’è una burocrazia che rischia di spezzare i suoi sogni, ma soprattutto c’è un maestro che, come il Frankie Dunn di Million Dollar Baby, crede in lei e l’aiuta a trovare il suo posto nel mondo.
Sirine Charaabi
Sulla sua carta di identità c’è scritto che è nata in Tunisia nel 1999, ma a soli 18 mesi è arrivata in Italia e si è trasferita con la sua famiglia a San Prisco. Cosa vi ha portato lì?
«Mia mamma, le mie sorelle ed io abbiamo raggiunto mio padre, che lavorava a San Prisco già da anni. Io ricordo un’infanzia molto felice, però non è stato facile per mia madre allontanarsi dalla famiglia e ritrovarsi qui da sola, in un posto che non conosceva».
Come è stato crescere in Italia?
«Mio padre fa il marmista, mia madre è casalinga. La famiglia siamo sempre stati loro, io e le mie sorelle: Sarra, la mia gemella, e Zeineb, la maggiore. A differenza delle persone che hanno la famiglia a 300 metri da casa, noi nelle difficoltà ce la siamo dovuta cavare da soli. Anche quando purtroppo abbiamo vissuto dei lutti, eravamo distanti e non avevamo la possibilità economica di prendere un volo all’ultimo minuto e partire. Queste sono cose che capiscono solo le persone che, come noi, hanno la famiglia lontana. In casa parlo italiano con le mie sorelle e un po’ con mio padre, in arabo con mia madre. A volte se non riesco a dire bene una parola in arabo, faccio lo switch in italiano. Anche nel cibo siamo un mix perché mangiamo sia tunisino che italiano. Sono figlia di entrambe le culture».
Immagino che per lei questo rappresenti una ricchezza. Sui social pubblica video in cui canta in macchina alternando canzoni arabe con altre di Pino Daniele: una sintesi perfetta del mix di cui parlava.
«Questa cosa l’ho maturata crescendo, perché quando ero più piccola e anche da adolescente, avevo delle difficoltà. Ad esempio quando mia madre ci veniva a prendere a scuola e ci parlava in arabo, io le dicevo: “Mamma parla italiano, perché qua siamo in Italia!”. Invece adesso ne vado fiera».
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