Lazio

Promettevano una vita nuova, ma in realtà venivano costrette in schiavitù sui viali a prostituirsi: 21 fermi

Arrivavano a Roma con la promessa di un amore. Un volo low cost, una valigia leggera e l’idea di una vita nuova.

Invece si ritrovavano intrappolate in un girone infernale fatto di violenza psicologica, minacce e prostituzione forzata lungo alcuni dei viali più bui della Capitale: viale Palmiro Togliatti, Quarticciolo, via Salaria.

Così decine di donne romene sono finite nelle mani di un’organizzazione criminale che sfruttava il metodo più subdolo: quello del “lover boy”.

A mettere fine al giro è stata un’indagine ad ampio raggio della Squadra Mobile di Roma, supportata da Europol, Eurojust, dal Servizio per la Cooperazione Internazionale e dalla Dia, in collaborazione stretta con le autorità romene.

Un lavoro mastodontico che ha portato al fermo di 21 persone, tutte legate a un sistema di reclutamento e sfruttamento ormai rodato.

L’inchiesta è partita da un arresto quasi ordinario: quello di un cittadino romeno ricercato in Europa per tratta, sfruttamento e associazione per delinquere. Gli agenti lo hanno rintracciato in via dei Ciclamini, a Centocelle.

Ma dietro di lui si celava molto di più. Le indagini hanno infatti svelato un sodalizio familiare, due clan che gestivano il traffico delle giovani donne come un’azienda del crimine.

Il meccanismo della trappola

Gli uomini della banda seducevano le vittime fingendo storie d’amore, prospettando un futuro migliore in Italia. Una volta a Roma, però, le donne venivano isolate dai loro affetti, controllate giorno e notte e costrette a vendersi.

Le accompagnavano sui marciapiedi con auto a noleggio targate Romania, e vigilavano costantemente che rispettassero orari, abiti, comportamenti e prezzi imposti.

La ferocia del metodo è testimoniata da un episodio accaduto lo scorso marzo: tre membri dell’organizzazione avrebbero picchiato due uomini che avevano tentato di importunare alcune delle donne “gestite” dal gruppo. Un modo per marcare il territorio e ribadire chi comandava.

I soldi nascosti nei furgoni e reinvestiti in Romania

Quasi tutti i guadagni della prostituzione venivano spediti in Romania, nascosti dentro un furgone di un corriere compiacente, titolare di un’agenzia di trasporto merci tra i due Paesi.

Con quei soldi, il clan comprava case, terreni e auto di lusso. Secondo la ricostruzione degli investigatori, il giro d’affari toccava circa 1,7 milioni di euro.

Durante le perquisizioni, la polizia ha scoperto anche armi da fuoco, successivamente sequestrate, a conferma della pericolosità e della solidità dell’organizzazione.

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