Società

Pino Corrias: Bilancio: la «solida Italia» è più povera (e investe meno)

Questo articolo di Pino Corrias è pubblicato sul numero 48 di Vanity Fair in edicola fino al 25 novembre 2025.

Corrono chiacchiere elettorali ora che si fanno i conti dell’anno. Il governo parla di «un’Italia solida che si fa largo in Europa». La legge di Bilancio è una piccola meraviglia, dice il ministro dell’Economia Giorgetti: «Teniamo i conti in ordine». Volano i palloncini rosa della propaganda. Giorgia Meloni conferma.

Poi all’improvviso arrivano i conti 2025 della Caritas, cade il sipario, si scopre che le diseguaglianze aumentano anziché diminuire. Il 10 per cento della popolazione possiede il 60 per cento della ricchezza nazionale. Mentre 25 milioni di italiani hanno visto il loro patrimonio diminuire di tre volte negli ultimi anni. La percentuale di lavoratori a basso reddito è salita da 25,9 punti percentuali dal 1990 a 32,2, soprattutto donne con lavori part-time, giovani precari con salari che non bastano all’indipendenza economica; la metà di loro con risparmi inferiori ai duemila euro, insufficienti a affrontare una emergenza, una malattia.

A quasi 6 milioni di italiani va peggio: vivono in povertà assoluta, prigionieri di bollette in rosso, spese alimentari che non mettono insieme il pranzo con la cena, se non con l’aiuto delle associazioni di volontariato. Sono famiglie di uomini o donne sole, in larga misura anziani, la vita complicata da almeno altre tre forme di disagio – abitativo, psicologico, sanitario – che le strutture pubbliche faticano a affrontare. Sono i «fuori campo» della società italiana, quelli che sono già scivolati nella definitiva esclusione sociale, in quell’abbandono esistenziale in cui il futuro risulta per sempre passato.

Il rallentamento della economia peggiora il quadro. Quest’anno scaleremo un risicato 0,5 di crescita, la metà di quello previsto. Meno della Grecia, del Portogallo, della Spagna che negli ultimi tre anni sono cresciuti da 3 a 6 punti. E con lo spread più basso dei nostri 75 punti base, hanno gambe per continuare a correre. Da noi la produzione industriale è in negativo da 27 mesi. E saremmo in piena recessione se non ci tenessero a galla i 209 miliardi del Pnrr – il prestito europeo a cui Meloni e i suoi Fratelli si opposero, votando contro a Bruxelles, anno 2021 – ottenuti a suo tempo dalle opposizioni, quelle che lei ha recentemente definito «peggiori di Hamas».

In quanto agli investimenti sulla famosa corsa della «solida Italia», siamo al minimo di sempre. Quella appena annunciata da Giorgetti è la più avara di tutte le manovre di Bilancio degli ultimi anni. Salvo l’assalto alla diligenza e i favori dell’ultima ora, muoverà appena 18,7 miliardi di euro, lo 0,8 per cento del nostro prodotto interno lordo, che sta a quota 2.200 miliardi. Solo briciole utili a non accrescere il nostro clamoroso debito pubblico – 3 mila miliardi, secondo Banca d’Italia – nulla per smuovere lo stagno che ci assedia: pochi investimenti per le imprese, stipendi fermi al 2008, la corsa dei prezzi. Galleggiamo grazie a case e patrimoni che le generazioni del Novecento stanno lasciando alle successive. Un salvagente a testa per i fortunati, finché dura.

Pino Corrias

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